«Siamo apprensivi. Non accettiamo che qualcuno dica a nostro figlio cosa deve o cosa non deve fare. Me ne rendo conto anch’io, e so di sbagliare. Quando andavo a fare allenamento, da ragazzo, prendevo due pullman dopo la scuola. Oggi il papà o la mamma accompagnano il figlio al campo. C’è una differenza enorme». Che, forse, spiega la poca fame e la crisi di talenti del calcio italiano. Il teorema porta la firma di Gioacchino Prisciandaro, una vita da centravanti e una realtà da mediano, Il Bomber dei poveri come l’ha sapientemente etichettato nel suo libro (Adda Editore, 164 pagine, 15,00 euro) Mimmo Giotta. L’autore, un giornalista, solitamente scrive di altro. Si occupa di diritti dei consumatori, di scuola, di università. Ma il percorso sportivo e umano di Prisciandaro, che oggi ha 48 anni e vive a Casamassima dove gestisce una stazione di servizio con annesso bar, gli ha scatenato la necessità del racconto. Non solo i 330 gol in carriera e le venti squadre in cui ha militato: l’ex ragazzo del quartiere San Paolo, nato calcisticamente alla società Tangari di Bari dove giocava (udite udite) da portiere, è rimasto un innamorato sincero del pallone. Con i soldi ricavati dalla vendita del libro, vuole finanziare la scuola calcio che porta il suo nome e mettere a disposizione dei bambini campi, spogliatoi e tecnici migliori. Concretezza e romanticismo. Ovvero, i due caratteri distintivi di un’attaccante che dopo un’esperienza abnorme e grandinate di reti nei campionati dilettantistici, ha coronato uno dei suoi due sogni: debuttare e segnare in serie B, con i colori della Cremonese. Il secondo, però, gli è rimasto nel cassetto. Indossare la maglia del Bari, la squadra della sua città. «Le sue doti tuttavia – sottolinea Mimmo Giotta nella prefazione - erano note fin dagli inizi degli anni ’90 quando a Noci, con Lomelo, Totaro e Deflorio, faceva ammattire le difese avversarie». Situazioni che si sono ripetute a Martina Franca come alla Pistoiese, ad Aosta come ad Avellino, a Rutigliano come al Potenza. Oltre che bomber dei poveri, anche un bomber pellegrino. Sempre in giro, su e giù per l’Italia, a raccattare contratti e bucare i portieri rivali. Un tragitto lungo e tempestoso, in special modo quando affiorano alcune ombre. «Ai miei tempi quasi tutte le squadre ricorrevano a farmaci legali, usati a scopo curativo, che diventavano doping in soggetti sani. Noi non lo sapevamo. Si beveva quello che ci davano e ci sentivamo leoni. Le conseguenze sui giocatori che successivamente hanno subito seri danni alla salute, non si devono più ripetere». Un ammonimento, più che un insegnamento da trasferire ai giovani della sua scuola calcio. Gli stessi che, dalla lettura de Il Bomber dei poveri, potranno assaporare le gesta del loro maestro e tuffarsi in una storia che, dalle gomme negate dalla madre,l'infortunio di Taranto, ai leggendari scherzi e Epomeo e Mitri, meritava di essere rivelata.

Sezione: Gli ex rossoblu / Data: Ven 23 marzo 2018 alle 22:02 / Fonte: Corriere.it
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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