Non chiamatela fantascienza, perché appena un mesetto fa tutto questo, dall’ordinanza anti-pastiera ai carri militari che sgombrano Bergamo dai suoi morti, l’avremmo riassunto proprio così: fantascienza. Per cui prendetela come cronaca futura, uno scenario non improbabile col quale potremmo dover fare i conti tra poco, forse pochissimo: gli sport andranno avanti, chiusi in bolle. Autoprotetti, confinati, in esilio volontario. Chi su un’isola privata, chi barricandosi in una città, chi prendendosi uno stato intero.

Diventerà un pianeta a parte, autoreferenziale, alimentato fino alle sue estreme conseguenze dal distacco dalla realtà. La pandemia fuori, e gli interessi dello “show must go on” che si arricciano, non si rassegnano, alzano scudi persino con una pretesa morale. L’isolamento.

L’ha detto Lebron James, la superstar dei Lakers: “Se c’è un modo di terminare la stagione giocando a porte chiuse o isolati da qualche parte, parliamone assieme e facciamolo”.

I primi a farlo saranno quelli delle arti marziali miste. L’UFC, la più importante organizzazione di MMA, ha deciso che sposterà tutti gli incontri tra i più forti lottatori al mondo su un’isola privata. Non hanno pensato a farne un reality, non ancora, ma andrà così: tutti su un’isola a picchiarsi come se non ci fosse un domani. O come se il domani non fosse abitabile.

Secondo il presidente Dana White, si comincia il ​​18 aprile con l’evento 249 tra Tony Ferguson e Justin Gaethje (con quest’ultimo che sostituirà Khabib Nurmagomedov, bloccato in quarantena in Russia): “Faremo in modo che gli atleti, gli arbitri, i miei addetti alla produzione, tutti saranno sani prima, durante e dopo i combattimenti”.

Ma non è una soluzione naif, da piccolo (e ricchissimo) sport di nicchia. Lunedì scorso i dirigenti della Major League Baseball, il campionato USA, si sono riuniti e secondo l’Associated Press, hanno cominciato a lavorare su un progetto: lo spostamento di tutto il campionato in Arizona, a tempo indeterminato. Cioè: i team (ma anche arbitri e staff annessi) verrebbero messi in quarantena circoscrivendo un’area enorme che comprende la capitale Phoenix, e si andrebbe sul “diamante” in dieci diversi campi distribuiti in 50 chilometri. 15 partite al giorno, a porte chiuse. Parliamo di 30 squadre, e ogni squadra ha circa quaranta giocatori. E poi ci sono allenatori, medici, ecc… Ecco, la fantascienza che diventa cronaca possibile è fatta proprio così.

Non è un’americanata. Ci stanno pensando anche qui da noi, nella disperazione di uno sport, il calcio, che non riesce ad accettare l’idea di smetterla, di annullare tutto e ripartire più in là, come hanno già fatto basket e rugby. Il piano “capitale” prevede tutta la Serie A a Roma: un maxi-ritiro per concludere il campionato, in sicurezza, a porte sbarrate. 45 giorni di partite solo sui campi romani, in una enorme “sveltina” alla faccia del confinamento sociale. La sua versione light, più realizzabile, ipotizza centri sportivi “bunker” con le squadre in isolamento tra una partita e l’altra.

È una delle idee sul tavolo anche della Premier che farebbe la stessa cosa ospitando tutto il campionato a Londra. E il rugby a 13 australiano punta a confinarsi su un’isola a quaranta chilometri dalle coste del Queensland.

Il Papa che prega da solo, sotto la pioggia, a San Pietro. L’ospedale da campo a Central Park. Migliaia di aerei parcheggiati in ordine negli aeroporti. Sono le icone di un mondo che è cambiato mentre ci affannavamo tutti a parlare di “distopia”, potendo usare a piacimento, fino all’abuso, un termine che ci piaceva tanto. E che ora ci fa schifo, e paura, perché è diventata realtà. La fantascienza è cronaca. Lo sport concentrato in oasi anti-virus, lontano da tutti, è uno dei tanti panorami a cui forse dovremo abituarci. Chiedendoci, a distanza, che senso abbia una competizione in bolle. Se non a garantire che le bolle non scoppino.

Sezione: Primo Piano / Data: Gio 09 aprile 2020 alle 20:37 / Fonte: Il Napolista.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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