Le intemperanze e le conversazioni «a ruota libera» del giovane rampollo fanno tremare il clan Coluccia. Il granitico gruppo mafioso di Noha, la frazione di Galatina, ha trovato un punto debole nell’eloquio troppo disinvolto di Danilo Pasquale Coluccia, 37 anni, figlio di Luciano, 68 anni, l’unico dei sei fratelli Coluccia, ad essere rimasto incensurato. Le inconsapevoli ammissioni fatte al cellulare dal giovane Coluccia hanno offerto materiale e sostanza per formalizzare una serie di contestazioni che, ieri mattina, hanno portato in carcere il figlio e ai domiciliari il padre. Le accuse (mafia, droga, armi, estorsione, tentativi di infiltrazioni in appalti e servizi comunali) delineano un clan 4.0, attento al welfare e al consenso sociali, ma anche determinato, capace di sostituirsi (tanto almeno contestano gli investigatori) all’amministrazione della cosa pubblica «facendola apparire come cosa propria». Così il cimitero di Galatina sarebbe diventato una sorta di regno di Luciano Coluccia (andato in pensione da custode, avrebbe continuato a svolgere il ruolo di vero gestore). E sullo sfondo, poi, ci sono anche propositi di vendetta e piani di attentati contro il Comune.

Poi c’è il capitolo delle frodi sportive. Partite comprate per garantire alla squadra di calcio, la Pro Italia Galatina, la promozione nel campionato regionale di Promozione.

Due arresti e sei indagati a piede libero per quella presunta “calciopoli”, fatta da risultati concordati e da partite comprate per un ingaggio e per denaro. Nell’elenco degli indagati compaiono: Lorenzo Adamuccio, 46 anni, di Maglie, Daniele Gatto, 37 anni, avvocato di Maglie, rispettivamente dirigente e presidente del Maglie; Antonio Renis, 37 anni, di Copertino, allenatore; Mauro Giordano, 36 anni, di Lecce, calciatore; Cosimo Manta, detto Mino, 67 anni, di Tuglie, volto noto del calcio salentino, per aver ricoperto il ruolo di dirigente in diverse società di calcio. Fra gli indagati, ma per estorsione, compare anche Alessio Antico, 36 anni, di Nardò.

Le presunte combine rappresentano una sfaccettatura del quadro indiziario delineato dagli investigatori della Squadra Mobile nell’indagine Off-Side, raccolto dal procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi e fatto proprio dal gip Giovanni Gallo nell’ordinanza di custodia cautelare. L’inchiesta offre uno spaccato sull’evoluzione della criminalità. Si affacciano nuove generazioni, ma il metodo resta lo stesso. Non cambia l’obiettivo: mantenere il controllo del territorio.

C’è una frase che il giovane Coluccia pronuncia parlando con un calciatore della squadra di calcio e che la microspia piazzata dalla polizia nella sua auto cattura: «Fa cinquemila abitanti... Noha uguale a Casal dei Principi... è molto pericolosa... anche... il 90% degli abitanti ha ergastolo e la famiglia nostra... Coluccia... quelli sono...il clan più potente». Insomma equipara Noha a Casal di Principe, alla terra di Gomorra, ed ammette che un controllo mafioso esercitato dalla propria famiglia.

Parole in libertà? Esaltazione dei fatti? Vanterie per poter apparire “potente” agli occhi degli interlocutori?

No. Per il gip - che le ha vagliate ed incrociate con i risultati delle indagini - quelle parole “sono significative della considerazione tipicamente mafiosa del territorio di pertinenza «come cosa propria», che impone di eliminare i concorrenti, facendo valere la forza di intimidazione, derivante dalla caratura criminale del gruppo di appartenenza”.

Un controllo non solo delle attività illecite, ma anche di quelle lecite: tentando di imporre il monopolio nel settore commerciale delle pescherie. Al giovane Coluccia, confermando quella sorta di consenso raggiunto dai clan, si sarebbero rivolti anche per l’apertura di sale giochi o per aver un posto di per un’attività di ambulante. Non solo. Facendo leva sulla propria «capacità persuasiva», avrebbe convinto gli autori di un furto a restituire il maltolto e si sarebbe attivato per il recupero dei crediti.

«Come i migliori mafiosi del terzo millennio - si legge nell’ordinanza di custodia cautelare - i Coluccia vanno alla ricerca del consenso sociale attraverso l’instaurazione di un “welfare” che li renda “indispensabili e desiderabili” per il quotidiano benessere individuale e sociale. In vista di ciò gestiscono, naturalmente con i metodi che sono propri - continua il gip Giovanni Gallo - la squadra di calcio della Pro Italia Galatina e, sotto lo schermo costituito dal dover agire per l’interesse di una squadra rappresentativa della città, dispongono del campo sportivo a proprio piacimento, senza pagare alcun canone e avvalendosi indisturbati anche di servizi comunali».

Sezione: Primo Piano / Data: Gio 17 maggio 2018 alle 21:57 / Fonte: Gazzetta Del Mezzogiorno.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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