L’ultimo della serie è lo storico ristorante «La Tettoia», in via Due Torri a Potenza. A fine mese chiuderà i battenti. Se ne andrà un pezzo (l’ennesimo) di memoria della città, ma soprattutto si spegnerà un’altra luce del centro storico del capoluogo lucano che sta assistendo, anno dopo anno, a uno svuotamento commerciale che si riflette inevitabilmente sull’appeal dello stesso borgo. Lungo l’asse principale del centro, partendo dalla caserma dei carabinieri a Porta Salza, senza tener conto dei vicoletti che si innestano su via Pretoria, spiccano una cinquantina di saracinesche abbassate.

Locali chiusi e abbandonati che si aggiungono a quelli «sbarrati» da tempo per ristrutturazioni infinite. «Vendesi o affittasi» si legge sui cartelli apposti davanti a negozi aperti per il soffio di una stagione e poi abbandonati e in cerca di nuovi commercianti. Il vero problema non è trovare chi è disposto a investire in un’area «depressa», ma consentire all’imprenditore di poter avviare l’attività adeguandosi agli attuali standard strutturali previsti per le attività commerciali. Quasi tutti i locali - se non tutti - non hanno i requisiti richiesti dal Decreto legislativo 81/2008. Occorrerebbe intervenire con opere radicali per poter aprire un negozio al posto di quello «defunto», soprattutto se si tratta di un’attività di ristorazione. Al netto dei costi esorbitanti che richiederebbero interventi di questo tipo e che, di fatto, scoraggiano qualsiasi impulso d’investimento, va anche detto che per alcuni locali risulta proprio impossibile intervenire. Anche disponendo di fondi adeguati. Restando così le cose, insomma, via Pretoria e dintorni rischiano di diventare un cimitero di locali vuoti, magari «rivitalizzati» solo con «temporary store», attività commerciali «a tempo» che - sulla base del regolamento del Comune di Potenza - possono vendere solo prodotti non alimentari e per un periodo massimo di 30 giorni. L’escamotage, laddove possibile, è quello di agganciarsi alla licenza ottenuta dal proprietario storico del locale subentrando nella gestione. In questo modo ci si rifà alle vecchie normative, evitando di dover addentrarsi nel ginepraio degli adeguamenti strutturali. Ed è quello che sta accadendo, per esempio, nel centro storico di Roma, dove «eterna» non è tanto la città quanto la licenza.

Da più parti si invoca una deroga alla legge, ma il tema è nazionale. Il Comune può fare ben poco: «Da parte nostra - dice l’assessore comunale Antonio Vigilante - abbiamo previsto sgravi fiscali per gli insediamenti nel centro storico. Non si paga la Tari per i primi due anni. Chi subentra in un’attività commerciale deve sottostare a norme sopravvenute che diventano particolarmente stringenti soprattutto quando si parla di locali con cucina impegnati nella somministrazione di alimenti». Insomma, il Comune ha le mani legate sulla questione strutturale, con la possibilità di fare breccia solo su questioni marginali come l’adeguamento dei bagni di ristoranti che erodono spazi destinati ai clienti e, quindi, i volumi di affari: «Ne stiamo discutendo con l’Asp per trovare una soluzione che non penalizzi le attività», dice Vigilante. Ma la partita è molto più ampia. E se a livello nazionale non ci sarà una deroga, la situazione è destinata a peggiorare.

Sezione: Succede a Potenza... / Data: Gio 01 dicembre 2022 alle 16:44 / Fonte: la Gazzetta del Mezzogiorno
Autore: Redazione 1 TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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