Continuano le perplessità all’interno del mondo calcistico. È iniziata da poco la fase 2, e il nostro paese cerca a poco a poco di ritornare ad una normalità, così come lo sport , ma il calcio sembra ancora in trattativa sul da farsi. Per fare un po' di chiarezza, Davide Bisignano UEFA Certificate Football Management, Strategic Development Advisor – Sports Area, Partner FIGC ha risposto in maniera molto dettagliata ad alcune domande:

Bisignano, considerando il difficile momento che stiamo attraversando e che ci impedisce di poter ritornare alle nostre vite, dalla scuola, al lavoro, e anche alle attività sportive, non crede che forse sarebbe meglio cercare una soluzione per chiudere al meglio ogni campionato, piuttosto che ricercare a tutti i costi una ripresa?

 Stiamo attraversando la più grande crisi italiana dal dopoguerra e che presumibilmente cambierà il corso della storia.

 Oggi, parlare di calcio potrebbe sembrare la cosa più banale – alla luce dei decessi avuti e dei contagi che quotidianamente continuando ad esserci, seppur fortunatamente in netto calo e meno dei guariti – ma così non è. Anzi. 

 Rispondo alla Sua domanda, dicendole che l’azienda-calcio in Italia coinvolge 30 milioni di persone, dandone lavoro a circa 300 mila. Genera l’1% del PIL nazionale, 3 miliardi di euro di ricavi e 8 miliardi sono l’indotto. Calcolando che 1.300.000.000 euro è la contribuzione fiscale, ovvero: il 71,5% dello sport nazionale, dai vivai a tutte le altre discipline.

Quindi, numeri alla mano, converrà con come che provare a far ripartire il sistema-calcio è un dovere per il business che ne consegue e per il contributo economico che da’ al Paese.

Qualora si riuscisse a far ripartire il calcio, cosa cambierebbe maggiormente secondo lei?

 Parliamo della Serie A. C’è una deadline ben precisa indicata dalla UEFA alle Federazioni: 27 maggio, termine ultimo per presentare il piano di ripresa del campionato; 3 agosto, consegna della lista con le squadre qualificate alle coppe europee 2020/2021. Nel caso non si riuscisse a ripartire, verrebbe congelata le classifica attuale, bloccata all’ultima giornata di campionato disputata.

 Una ripartenza cambierebbe praticamente tutto: dalla metodologia di allenamenti al giocare ogni tre giorni, dalla modifica delle NOIF federali a determinate situazioni contrattuali sportive e commerciali.

 Attenendoci al DPCM del 26 Aprile, dove gli allenamenti di squadra non riprenderanno prima del giorno 18 maggio, e secondo il Protocollo FIGC, dove occorrerebbero 3-4 settimane per riacquistare la forma perduta, arriveremmo a poter rivedere una partita di calcio (seppur dalla tv) tra il 13 e/o il 20 Giugno. La differenza sostanziale tra le date sopracitate è determinata dalla prosecuzione o meno della Coppa Italia: giocando anche la coppa nazionale avremmo bisogno di quindici date per portare a termine la stagione entro il termine ultimo del 2 Agosto; quindi, vorrebbe dire ricominciare il 13 Giugno. Altrimenti si andrebbe avanti di una settimana, giocando sempre ogni 72 ore. Ma senza Coppa Italia.

Lo ricordiamo, lei è lucano, molto legato alla propria terra e alle proprie origini. Il suo pensiero, va anche a tutti quei ragazzi, società e club che magari hanno investito molto, hanno alle spalle grossi sacrifici? Il calcio, lo sappiamo bene, non è formato solo dalla Serie A. Tutte le categorie inferiori, come faranno a riprendersi secondo lei? 

E’ giusto quello che Lei dice, il calcio non è solo la Serie A ma è altrettanto vero che la Serie A è quell’industria che produce parte delle risorse economiche, e vitali, per le serie inferiori.

 A causa degli elevati costi e mancanze di strutture, sarà difficile per la maggior parte delle società della Lega B attuazione il protocollo sanitario stilato dalla Commissione Medico Scientifica della Federazione Italiana Giuoco Calcio, figuriamoci per la Lega Pro. Utopia per i dilettanti, categoria alla quale il Governo dovrà prestare un’attenzione particolare.

 Sì, è vero, sono lucano e ne vado fiero. Spesso col vicepresidente UEFA, Michele Uva, ne parliamo e per quanto possibile vorremmo essere una risorsa per il territorio.

Non più tardi di qualche settimana fa, ho sentito l’ottimo presidente del Comitato Regionale FIGC Basilicata, Piero Rinaldi, per il quale nutro stima e al quale ho dato la mia più totale disponibilità a lavorare insieme per un’eventuale rinascita del calcio lucano.

Sono molto legato al territorio e penso che facendo squadra, anche una piccola regione come la Basilicata possa dire la sua a livello nazionale. In un momento storico dove le task force le fanno da padrone, la Basilicata potrebbe mettere ad un ipoteco tavolo di lavoro due uomini di sport, quali: Salvatore Caiata (Presidente Potenza Calcio) e Franco Cupparo (Assessore regionale alle Attività produttive; Lavoro; Formazione; Sport). Oltre a tanti altri professionisti del settore presenti sul territorio e figure di rilievo nelle varie componenti calcistiche nazionali.

Forse, è giunto il momento di sedersi, unire le forze e provare a cambiare il futuro. Insieme

C’è stato il via libera, da parte del Governo, sulle ripartenze degli allenamenti di alcuni sport. Con ottimismo, crede “ almeno “ in qualche decisione definitiva a lunga durata riguardo gli allenamenti calcistici ? ovviamente, con la tutela massima di ogni singolo atleta?  

Come sistema-calcio si auspica ad una riapertura anticipata dei centri sportivi per permettere ai calciatori di poter tornare ad allenarsi anche solo in modo individuale fino al 18 Maggio, un po’ come hanno iniziato a fare in Premier League o ancora prima in Bundesliga. Nel rispetto del protocollo e con la tutela massima di ogni singolo atleta.

 Cruciale sarà la riunione tra Federcalcio e Comitato Tecnico Scientifico sulla affidabilità o meno del Protocollo FIGC. L’unanimità da parte della Lega Serie A c’è a finire il campionato. Fondamentale, però, è che vi sia chiarezza: si riprende per finire. Altrimenti non avrebbe senso ricominciare. Quindi, se non vi fossero i presupposti per ripartire, la soluzione sarebbe una: un decreto, chiaro, che determini la fine della stagione sportiva. Così come fatto in Francia.

 Con un eventuale stop al campionato le perdite sarebbero rilevanti e si aggirerebbero intorno ai 7/800 milioni di euro, senza calcolare l’impatto che potrebbe avere sul calciomercato.

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 05 maggio 2020 alle 15:16
Autore: Elisabetta Parente
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