Questa mattina l’intero movimento calcistico regionale si è svegliato rincuorato dalla notizia che il tecnico di Venosa Giuseppe Palumbo ha abbandonato il centro riabilitativo “Don Gnocchi” ad Acerenza per far ritorno a casa. Dopo 98 giorni da quel maledetto 5 dicembre, quando un ictus colpì l’ex trainer di Paganese e Melfi, il leone venosivo si è messo definitivamente alle spalle il percorso più arduo del suo pieno recupero, visto che questa mattina, intorno alle 11:00, mister Palumbo potrà finalmente far ritorno a casa dopo quasi 100 giorni. Grazie alla sua determinazione l’allenatore lucano è riuscito a vincere la partita più importante, quella per la vita ed ora dopo aver riabbracciato la sua famiglia vuol riprendersi, con la sua tenacia, anche l’altro amore che la malattia gli ha momentaneamente strappato via: il calcio.
Come sta?
“Sono al 60% del pieno recupero. Il primo passo è stato quello di lasciare l’ospedale e tornare a casa per riabbracciare la famiglia, poi bisognerà continuare a lavorare e non mollare”.
Cosa prova a lasciare il centro?
“Dopo quasi 100 giorni di lavoro è un risultato importante. Dopo tre mesi devo ringraziare il centro di riabilitazione ‘Don Gnocchi’ di Acerenza e l’ottima professionalità della fisioterapista Lucia Galantucci. Sono contento rispetto a quando penso in quali condizioni arrivai e sono grato per l’attenzione e la competenza riservatami”.
Ha avuto paura per se per i suo familiari?
“Ci sono stati dei momenti in cui ho avuto paura di abbandonare la famiglia, ma fortunatamente ho trovato fiducia e ho deciso di combattere giorno dopo giorno fino al pieno recupero. Devo ringraziare mia moglie che non è mai mancata in un momento in 100 giorni e mi ha sempre sostenuto in tutto e per tutto”.
Le hanno fatto piacere le manifestazioni di affetto del movimento regionale?
“Mi ha fatto piacere visto che nel calcio sono stata una persona sempre leale, schietta e che non ha mai guardato in faccia a nessuno, pagandone a volte anche le conseguenze”.
Quali sono stati i momenti più difficili?
“Quando ho avuto l’incidente sono stato dodici giorni all’ospedale di Potenza e ricordo che mi sentivo davvero male. Strada facendo ho recuperato poi diverse energie, ma l’inizio è stato molto faticoso”.
Quando durerà la riabilitazione?
“E’ finito il primo tempo(scherza ndr). Ho terminato la prima fase, quella più acuta, e adesso a casa dovrò svolgere l’ultima parte della mia riabilitazione. Rispetto al passato ho avuto grandi miglioramenti, tenendo conto che la parte sinistra del corpo era bloccata e ora invece cammino con la stampella ed è già un gran successo. Certo che per tornare nell’ambiente che io amo questo non basta, bisogna fare di più”.
Il suo forte temperamento l’ha aiutata ad uscire dal momento?
“I momenti difficili non si superano certo con le chiacchiere ma con la forza di volontà. Oggi esco da qui e sono ancora in vita, da domani proverò a recuperare quello che che amavano: il calcio”.
Le è mancato il calcio?
“Prima dell’incidente ero fermo e mi mancava il campo e l’odore dell’erba, poi ho scoperto altri valori più importanti e la mia partita l’ho giocata in ospedale. Giorgio dopo giorno a recuperare la vita e a migliorare sempre più la condizione, quindi non mi è mancato in questi tre mesi”.
Tornerà ad allenare?
“Un domani se ci dovessero essere le possibilità ci metterò anima e cuore, ma non voglio pietà. Non vorrei di certo passare per chi elemosina dopo questo brutto incidente, ma voglio tornare per essere utile alla causa. Non voglio illudermi, devo recuperare la condizione. Se dovessi recuperare l’integrità fisica mi metterò in gioco, altrimenti non andrò di certo in pasto ai leoni. Ma ci credo, perché nella vita bisogna sempre lottare e voglio riprendermi quanto perso”.
Come giudica quanto stanno facendo Matera e Melfi?
“Per quanto riguarda il Melfi, sono dell’idea che se non posso parlare bene di qualcuno o qualcosa preferisco non esprimermi. Il Matera invece con il potenziale che ha poteva fare qualcosa in più e non mi aspettavo queste cinque sconfitte consecutive”.
Come giudica le quattro lucane di serie D?
“Mi sono sempre chiesto perché a Potenza il calcio non viene mai gestito dai potentini bensì da gente di fuori. Ho anche giocato nel Potenza ed è una realtà che merita altre categorie, ma sono ormai diversi anni che si susseguono imprenditori di fuori che sfruttano l'importanza della piazza per i propri fini. La Potenza calcistica si deve svegliare e se non l’ha mai detto nessuno, lo dico io. Il Francavilla è una realtà che da dieci anni raggiunge sempre i suoi obiettivi, l’anno passato ha disputato una grande stagione ma non è mai semplice ripetersi. Hanno una grande società ma gli mancano le strutture per ambire ad altre categorie. Picerno e Rionero stanno facendo bene, in linea con i loro obiettivi e spero che tutte possano raggiungere la salvezza”.
Le farebbe ripartire da una lucana?
“Preferirei ripartire da società che vogliono fare un calcio serio, di programmazione e non certo di chiacchiere. Quindi che sia lucana, campana o pugliese gradirei un club fatto di gente seria e che non cambia le carte in tavola dall’oggi al domani”.
Dopo questa brutta esperienza che messaggio si sente di lanciare?
“A volte quando si perde una partita si fanno drammi per settimane, ma ciò che conta realmente è quando lotti per salvarti la vita. A volte quando si esce sconfitti dal campo bisognerebbe saper sdrammatizzare e anche io come allenatore dovrò migliorare in questo. Non bisogna mai mollare, ma stringere i denti per lottare e restare aggrappati al bene più importante come la vita”.
Autore: Manuel Scalese / Twitter: @ManuelScalese
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