Che fine ha fatto l'ex allenatore del Potenza Stefano Sanderra? Il trainer romano, vive a Malta da tre anni. E’ l’allenatore degli Hibernians, sul campo di calcio porta la sua lunga esperienza sportiva e i suoi studi di psicologia sportiva e filosofia. Uomo di sport, colto, riflessivo, simpatico, viaggiatore, si è raccontato in questa intervista a Maltaitaliani.it parlandoci di sé, non solo come allenatore.
Stefano, a Malta alleni l’Hibernians, qual è stato il tuo percorso professionale?
Il mio è stato un lungo percorso. Già a 27 anni facevo l’allenatore nella quarta serie serie italiana. Da allora a oggi ho allenato nella terza serie italiana e poi per tre anni a Malta. Il mio è dunque un percorso lungo fatto di tante situazioni, positive, negative, tante città diverse. Come un gran tour soprattutto nel centro-sud infatti ho allenato in tutte le regioni del sud Italia esclusa la Sardegna e in più, una parentesi a San Benedetto del Tronto che è una bellissima città del nord Italia. Il mio percorso di studi è collegato alla mia laurea in scienze motorie, sono un appassionato della cultura dello sport, scrivo su qualche magazine sportivo, ho fatto lezioni e webinar a allenatori italiani e ho anche scritto un libro.
Che tipo di allenatore sei?
C’è un detto nel mondo del calcio che dice “Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio” e questo è vero. Il calcio è la mia vita ma io sono anche appassionato di filosofia e di altro, ho molti interessi che poi applico e collego anche al calcio. Il mio lavoro è fatto di una parte razionale che è quella dei numeri, delle statistiche, dei risultati e anche di una parte che è irrazionale, un po’ misteriosa, un po’ impenetrabile da cui sono stato sempre affascinato e che è la parte più emotiva del mio lavoro. È una parte importante perché un allenatore oltre a essere molto razionale deve avere anche il fiuto di capire certe situazioni, di capire le persone perché sei alla guida di un gruppo. Ho prima approfondito la psicologia sportiva e poi, negli ultimi otto anni gli studi di filosofia che mi hanno arricchito tanto; oggi sento di essere molto più ricco e consapevole di tante situazioni perché si pensa che la filosofia sia una cosa astratta invece è pratica, è un ponte tra il tuo pensiero e la vita.
Nel 2018 sei arrivato a Malta…
A Malta sono arrivato perché avevo un giocatore maltese che allenavo in Italia, un giocatore della nazionale maltese Andrè Agius. Volevo da tanti anni fare un’esperienza all’estero e quando ho avuto questa opportunità, questo contatto, lo ho colto. Qui a Malta ho incontrato delle persone eccezionali. Sono a Malta da tre anni e per la prima volta nella mia carriera sono per tre anni consecutivi nella stessa squadra. Questo la dice lunga sulla serietà delle persone che ho conosciuto. A Malta ho incontrato la famiglia Bezzina, il nostro presidente Tony è morto di recente, una persona eccezionale, seria, di cui avrò sempre un grandissimo ricordo; mi ha trattato sempre molto bene come anche il direttore sportivo Abela. Sono stato sempre in sintonia con loro perché ci sono dei valori etici che condividiamo. Malta per me è stata un grande arricchimento non solo dal punto di vista calcistico ma soprattutto dal punto di vista umano e culturale. Fare gli allenamenti in lingua inglese, avere dei giocatori di diverse nazionalità, è stato un arricchimento. Io ero anche un po’ stanco dell’Italia e delle cose negative dell’Italia. Nelle città dove ho allenato io, c’è una grande pressione e stress di giornalisti, di presidenti, di risultati. Qui ho trovato tutto più sfumato, a misura d’uomo e in più, io e il mio staff abbiamo ottenuto ottimi risultati. Per tre anni siamo sempre stati ai vertici (anche se non siamo ancora mai riusciti a vincere niente). L’Hibernians è stata l’unica squadra che, in Europa, è stata sempre seconda, abbiamo perso uno scudetto ai rigori, abbiamo passato un turno di Europa League, tutte soddisfazioni che in Italia non avrei mai potuto avere perché la terza serie italiana non dà accesso agli incontri internazionali. Quindi sono contento di questa esperienza che ha completato il mio bagaglio.
Fino a 2 mesi fa tutte le competizioni sportive andavano avanti, inclusi giovanili e dilettanti… adesso hanno stoppato tutto lo sport anche a livello professionistico, quanto pesa questo sul calcio maltese?
Lo stop pesa perché quando si ferma lo sport si ferma una parte importante della società. Lo sport è importante non solo dal punto di vista fisico e del movimento ma, anche dal punto di vista mentale. Se si tengono ferme tante persone è normale che poi ci siano degli scompensi. A mio modesto parere non bisognava fermare totalmente il calcio professionistico e gli sport d’elite, Malta è l’unico Paese europeo che ha fermato lo sport. È una decisione che personalmente non condivido anche se io non ho le competenze per capire certe dinamiche sanitarie, però, tenere a casa tante persone non è mai positivo. Lo sport è un valore fondamentale, a Malta, secondo me è un valore che culturalmente potrebbe essere più sviluppato.
Di recente la Nazionale maltese sta ottenendo ottimi risultati. Da quando tu sei arrivato a Malta, quanto è cresciuto il calcio maltese?
Quando sono arrivato a Malta il livello non era male, ho trovato un buon livello, paragonato alla serie che facevo io in Italia. Gli allenatori maltesi apparentemente sono chiusi ma poi copiano, guardano. Sono cresciuti con allenatori che sono venuti dall’Italia, dall’Olanda, è un buon mix, un buon confronto che ha fatto crescere il calcio maltese. In più, poi, è venuto anche un nome importante nella nazionale maltese con un suo staff che è Devis Mangia che ha, secondo me, portato più professionalità e organizzazione nella mentalità del calcio, quindi, quello maltese è un calcio in crescita. Anche io ho fatto la mia parte, quello che ho potuto notare è che c’è una grande disponibilità perché, in Italia, il giocatore sa tanto di calcio e può valutarti subito per cui, a volte non è facile l’impatto, qui, invece, lavori con ragazzi più predisposti a migliorare. Nel mio club ho cercato, con i miei ragazzi, che sono un bel gruppo infatti l’Hibernians è la squadra che dà più giocatori alla Nazionale maltese, di cambiare la mentalità. Prima, erano un po’ esecutori, adesso, sono diventati più pensanti perché ho insegnato loro a leggere le situazioni e a prendere delle decisioni in partita. Sono contento di questo perché è un lento cambiamento che porterà i suoi frutti, è un passaggio di livello superiore.
Cosa promuovi dell’italianità a Malta? Cosa ti manca di più dell’Italia?
Ho cercato di portare a Malta un po’ di professionalità, di qualità e un po’ di stile, nel senso più positivo e modesto del termine perché stile vuol dire avere una propria filosofia e eseguirla al di là dei risultanti contingenti. Significa non guardare ad un metro da te ma guardare la vetta della montagna. Ho portato con me anche una grande capacità di adattamento che significa rispetto per la cultura e le tradizioni del luogo che ti ospita. Mi mancano dell’Italia proprio la qualità e lo stile perché in Italia, anche per la maggiore dimensione geografica ci sono aspetti culturali più ampi.
Qual è la prima cosa che farai quando la pandemia sarà finita e il covid sarà un virus come tanti altri?
Torneremo ad abbracciarci, l’abbraccio significa tante cose. Però devo dire che questa pandemia seppur con le sue dolenti note mi ha dato il tempo, nel periodo in cui non si poteva giocare, di conoscere l’isola, io non mi sono mai annoiato. Anche in Italia, andare in bici al centro di Roma è stato davvero bello.
Di cosa tratta il tuo libro intitolato “La vera anima dell’allenatore”?
È un libro che rappresenta il mio percorso di allenatore ma dal punto di vista introspettivo. E’ un lungo viaggio introspettivo su tutte le emozioni relative al mio lavoro, quindi, la vittoria, la sconfitta, firmare un nuovo contratto, essere esonerato, cambiare città, lasciare i ragazzi, trovarne di nuovi.
Ho collezionato tutte queste emozioni e, quando ne ho avuto la possibilità, in un periodo di stasi, ho ricollegato tutto e ho cominciato a scrivere. Mettere insieme per iscritto le mie emozioni mi è piaciuto così tanto che ne ho fatto un libro che mi ha dato tante soddisfazioni. Nel libro voglio testimoniare il mio percorso e dare qualche consiglio. Il libro è anche uno scrigno di tutti i posti che ho visitato, delle differenti culture delle persone che ho incontrato.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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