Quando si parla di Giovanni Baratto si pensa soprattutto alla Turris, la squadra a cui è rimasto legato più di tutte avendo vissuto con i corallini una parte consistente del proprio percorso professionale, prima da attaccante e poi da tecnico. E poi si pensa alla remuntada del Rotonda, a dicembre virtualmente in Eccellenza ed arrivato a fine aprile a giocarsi un posto per gli spareggi salvezza. Ecco perché le credenziali del 50enne trainer napoletano, oggi in attesa di un progetto serio, sono robuste e fondate.
C'è mancato davvero poco per coronare il sogno.
"Dal giorno del mio arrivo, abbiamo totalizzato 25 punti fino a Bari. Nel girone di ritorno la nostra media è stata quasi da play-off. Abbiamo fatto un ottimo lavoro, ma sia chiaro che la retrocessione me la porto sulle spalle e mi pesa. La squadra l'ho guidata io e, si sa: si vince e si perde tutti. Ho accettato io questa scommessa, con la squadra che era quasi spacciata, e sapevo che salvandoci sarebbe stato un autentico miracolo sportivo. Peccato, ci siamo andati davvero vicini".
L'impresa è sfumata sul più bello.
"Quando vincemmo col Roccella, a quattro giornate dalla fine, eravamo terzultimi ad un punto da loro. Ci ha condannati il Bari, alla penultima. Perdemmo a pochi minuti dal termine, davanti ad oltre 30mila spettatori. C'era un pubblico incredibile e loro lo vollero salutare con una vittoria. Il Roccella vinse a Cittanova, dopo un lungo periodo senza successi, e i giochi finirono là. L'ultima partita col Messina fu solo una formalità. Resta la soddisfazione di aver fatto un cammino stupendo e di aver valorizzato tanti giovani, ovviamente insieme alla società. Penso al 2000 Felice Taccogna che è andato alla Caronnese, o al 2001 Gaetano Formicola. Ma menzionerei anche Enrico Silletti del '97, che ha rinforzato il Gravina. E' un centrale difensivo che, prima che arrivassi io, non aveva mai giocato. Insomma, ho lavorato su tutta la rosa provando a portare ogni pedina al meglio della propria condizione. Si era creato un entusiasmo incredibile che sarebbe diventato devastante in caso di salvezza. La nostra sfortuna è stata proprio quella di andare a giocare a Bari. Altrimenti non so come sarebbe finita".
Non a caso il presidente Franco Bruno le aveva riaffidato la panchina anche in Eccellenza.
"E io accettai con entusiasmo, guidando il gruppo fino a Ferragosto. Poi alcune diversità di vedute hanno fatto sì che le strade si dividessero. Capita. Ma era meglio per tutti separarsi".
E' arrivata qualche richiesta nel frattempo?
"Certo, ma nulla di concreto. Si sa che, dopo i sondaggi, ogni discorso va approfondito per trovare una intesa, come col Grumentum. Ma resto in attesa di rituffarmi nella mischia con l'entusiasmo di sempre".
Lei è esperto di situazioni societarie complicate...
"Vero. Vengo da situazioni travagliate, a parte lo scorso anno dove ho potuto lavorare bene. A Manfredonia forse sbagliai io ad accettare: lo feci perché mi promisero che sarebbe stata costituita una nuova società, cosa che poi non avvenne. Ancora oggi, come tanti calciatori, sono creditore verso quel club, che nel frattempo è fallito. Anche là eravamo quasi salvi verso la fine del girone d'andata. Poi a dicembre mi privarono di tantissimi giocatori importanti che decisero di andar via perché non vedevano un euro. Successivamente scelsi di salutare, lasciando la squadra a cinque punti dai play-out, ma accumulando sempre penalità. Giocavamo e venivamo man mano penalizzati per via di vertenze degli anni precedenti. Il compito in pratica si faceva proibitivo. Sono contento ora che il Manfredonia stia rinascendo e, dopo un campionato vinto in Prima Categoria, sia leader del proprio girone in Promozione. Questa società sta lavorando bene. Io in città mi sono trovato benissimo e la tifoseria era molto passionale, quindi il rimpianto è grande. Purtroppo mancava la cosa più importante: la società. E ho sbagliato a fidarmi".
Allenatori sponsorizzati, finti progetti che durano il tempo di un cambio di stagione...
"Ho fatto il calciatore per 25 anni, e alleno da 10. Vivo di calcio e conosco tante problematiche. Ormai parliamo sempre degli stessi argomenti e delle solite cose che alla fine non portano alcun risultato. Purtroppo va così...".
La Turris ha già vinto il campionato secondo lei?
"Intanto voglio dire che questi colori li porto sempre nel cuore. Li ho vestiti prima da calciatore e poi da allenatore. Già l'anno scorso la squadra avrebbe meritato di più, fermandosi solo davanti ad un Bari inarrestabile che non c'entrava nulla con questa categoria. Credo proprio che questo sia l'anno buono: il gruppo è forte, il pubblico strepitoso e la società solida, composta peraltro da torresi che amano la maglia. Spero che la Turris possa festeggiare finalmente il ritorno in C. Sarebbe un premio meritato per tutte le componenti. Nel girone H c'è maggiore equilibrio, ma il Taranto resta la squadra da battere. Ha una rosa costruita per vincere ed un tecnico vincente come Ragno. Chiaramente bisognerà guardarsi bene da squadre come Foggia, Bitonto o Casarano".
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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