«Avevo vergogna pure a passeggiare per le strade e in quel momento ho pensato a tante cose, anche al suicidio». Luciano Moggi non lo aveva mai rivelato. Ed è il punto più choccante del documentario di Netflix che ripercorre la vicenda di Calciopoli. Fa parte di una nuova serie della piattaforma, intitolata “Il lato oscuro dello sport”. Un’oretta che non aggiunge niente a quello che si sa già se non quella frase che scappa all’ex direttore generale della Juventus, quando ripercorre i giorni più duri, quando scoppiò lo scandalo e lui e la sua famiglia si trovarono impigliati nel tritacarne mediatico. Per il resto c’è il pm Giuseppe Narducci che difende l’inchiesta e rimpiange di non averla potuta concludere per colpa della fuga di notizie, ma non risponde in modo plausibile sul perché, pur interrotta, quell’inchiesta fu così parziale e indirizzata sul solo Moggi. Perché furono ignorate decine di telefonate che potevano avere una certa rilevanza (anche per chi si doveva difendere) e perché si indagò in una sola direzione?

E dall’altra parte c’è Luciano Moggi che rivendica, come ha sempre fatto, che anche nella sentenza ci sono delle contraddizioni («Se nessuna partita è stata alterata, se tutti gli arbitri sono stati assolti (tranne De Santis, ndr), qual era il danno che era stato arrecato al calcio?»). E pure lui non dà una spiegazione convincente sulle famigerate schede svizzere, punto debole della sua linea difensiva. Insomma, ognuno ripete cose già sentite mille volte dal 2006 a oggi e che non cambiano il punto di vista che si ha e si è quasi sempre avuto sulla vicenda, nella narrazione popolare.

Sezione: Primo Piano / Data: Gio 14 ottobre 2021 alle 18:13 / Fonte: Tutto Sport
Autore: Redazione 2 TuttoPotenza
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