Con il cuore colmo di gioia, il Pontedera vince e incanta. Con una prestazione brillante e carica di emozione, la squadra conquista con una giornata d’anticipo l’accesso aritmetico ai playoff, grazie al successo casalingo contro il Rimini.
A rendere ancora più speciale questo momento, è stato l’intervento di Pablo Vitali a LaCasadiC-Talk, per celebrare insieme questo traguardo tanto atteso quanto meritato.
Un traguardo non facile da conquistare anche pensando al passato ed è lo stesso Vitali a ricordarlo: “Dire oggi fin dove possiamo arrivare non è semplice, anche perché, se guardiamo indietro, non troppo tempo fa sembrava complicato persino conquistare una salvezza diretta, senza passare dai playout. E questo non dobbiamo dimenticarcelo. Ora, aver raggiunto i playoff è già una piccola grande impresa. E credo davvero che, se continuiamo a giocare con lo spirito e la determinazione che stiamo mostrando ultimamente, possiamo mettere in difficoltà chiunque. Certo, nei 90 minuti può succedere di tutto, ma io sono convinto che ci siano ancora tante belle soddisfazioni che possiamo prenderci“.
Pontedera. Non solo una città, ma un legame che si costruisce passo dopo passo. Una squadra che Pablo Vitali ha raggiunto solo nel mercato invernale, lasciando il Picerno per vestire la maglia granata. E si sa, entrare in un gruppo già consolidato non è mai facile. Ma per Vitali è stato tutto naturale. Nessuna difficoltà, solo tanta voglia di mettersi in gioco e dimostrare il suo valore. “Sicuramente sono stato facilitato dal fatto che conoscevo già l’allenatore, avevamo già lavorato insieme in passato. Questo è stato il primo motivo che mi ha spinto ad accettare l’offerta del Pontedera. Poi devo dire che, anche a livello di società ma soprattutto di gruppo, mi sono trovato subito benissimo. Ho trovato non solo degli ottimi calciatori – e la seconda parte di stagione che abbiamo disputato ne è la prova – ma anche delle persone splendide. Dei bravissimi ragazzi con cui mi sono sentito subito parte di qualcosa di bello“.
Diventare un calciatore professionista non è per nulla facile. Spesso si vede solo il risultato finale, ma dietro c’è un percorso lungo, fatto di sacrifici, cadute e tanta, tanta gavetta. Ed è proprio quella gavetta che ti forma davvero. Non solo dal punto di vista tecnico, ma anche – e forse soprattutto – a livello mentale. Ti insegna a reagire alle difficoltà, a non mollare, a restare umile e affamato. È lì, nei campi di provincia, tra le categorie più basse, che impari il valore del lavoro duro e della pazienza. Ed è lì che, partita dopo partita, cresci come uomo prima ancora che come calciatore. “Io sono super orgoglioso del percorso che ho fatto. Se mi guardo indietro, vedo sia aspetti positivi che altri un po’ più difficili, ma tutti hanno contribuito a farmi crescere. Sicuramente, chi arriva da un settore giovanile di alto livello parte con una visibilità diversa, ha i riflettori puntati addosso fin da subito. Ma devo dire che anche il mio cammino ha tanti pro. A 16 anni già giocavo con i grandi, e poi l’Eccellenza… beh, non è certo la Serie C. È una categoria dura, dove ti può capitare di essere intimidito o di prendere 20 calci in una partita. Ma proprio per questo ti forma il carattere, ti tempra, ti insegna a lottare. E quando riesci a salire da lì, la soddisfazione è doppia. Chi parte dall’Eccellenza non ha le stesse aspettative di chi esce da un vivaio importante, e ogni passo in avanti te lo godi di più. Per questo tutto quello che arriva nella mia carriera lo prendo con grande entusiasmo. Sono davvero felice del mio percorso, perché so bene da dove sono partito“.
In passato, il classe 2002 ha avuto l’onore di indossare anche la maglia del Foggia. Un’esperienza che, nonostante il tempo passato, resta vivissima nei suoi ricordi: “Foggia è una piazza che, per come la vedo io, ha davvero poco a che fare con questa categoria. Il calore che si respira lì è qualcosa di unico, nel bene e nel male. È un ambiente dove si pretende tanto, dove la passione è smisurata, e quando i risultati non arrivano i tifosi non hanno paura di far sentire la propria voce. Ma è anche una piazza dove ti senti davvero un calciatore: giocare davanti a tutta quella gente, che vive il calcio in modo così viscerale, è un’emozione forte, uno stimolo continuo. Sto seguendo anche quello che sta succedendo lì in questo periodo, e mando un grande in bocca al lupo. Spero davvero che la situazione si possa risolvere al meglio, perché Foggia e i suoi tifosi meritano ben altro. Meritano di tornare a vivere il calcio come sanno fare, con passione e orgoglio“.
Ed è proprio a Foggia che Vitali ha avuto come allenatore Zema. Un ricordo che resta ancora impresso nella sua mente: “Parlare del mister… beh, di aneddoti ce ne sarebbero davvero tantissimi. Ma forse quello che mi fa ancora sorridere è legato a una partita dei playoff contro l’Avellino. Avevamo vinto, tutti felici, carichi, con l’entusiasmo alle stelle perché avevamo fatto una prestazione bellissima e non vedevamo l’ora di continuare quel percorso. Il giorno dopo arriviamo al campo, pronti a ripartire… e il mister, Zeman, ci accoglie così: ‘Allora, siccome fate sempre come vi pare e non mi ascoltate, oggi io sciopero.’ È salito in tribuna e ci ha lasciati lì, da soli, ad autogestirci l’allenamento. Un momento assurdo, ma anche divertente, che ancora oggi ricordiamo con un sorriso. Al di là di questi episodi, ho un ricordo bellissimo di lui. È una di quelle persone da cui capisci subito che ha qualcosa in più, che trasmette tanto, non solo a livello calcistico ma anche umano. Purtroppo non ci sentiamo da un po’ e so che sta affrontando una situazione di salute delicata. Da qui, se posso, gli mando un fortissimo abbraccio. Spero davvero che si rimetta presto“.
Il calcio è sempre stato una presenza costante nella vita di Vitali, una passione che ha avuto un doppio legame, sia con l’Italia che con la Spagna. Eppure, il giovane calciatore ammette che, tra le due, è l’Italia ad averlo davvero affascinato. “Calciatori spagnoli ce ne sono tanti, è vero. Ma da piccolo, il momento che mi ha fatto innamorare del calcio è stato il Mondiale del 2010, quando avevo 8 anni. Lì mi sono innamorato di David Villa. Ha fatto un torneo strepitoso, e per me è stato uno dei calciatori più sottovalutati degli ultimi 20 anni. Un attaccante incredibile. Poi c’è Xavi, che secondo me è forse il centrocampista più forte di tutti i tempi, per la sua visione di gioco, tecnica e anche per il modo in cui stava in campo. Questi due sono stati i giocatori che, fin da piccolo, mi hanno affascinato. Per l’Italia bhe Totti. Non mi sono mai ispirato a lui per le caratteristiche, eravamo due tipi di giocatori diversi, però per me Totti è proprio l’emblema del calcio. Fin da bambino, è stato lui l’idolo, soprattutto per quello che ha rappresentato nella mia città, come calciatore e come simbolo“. Per quanto riguarda la nazionale, la risposta è sincera e con un sorriso: “Domani giocherei con il Pontedera, poi si vedrà!” (ride). E in un ipotetico Italia-Spagna, la scelta di Vitali è semplice: “Non me ne voglia mia mamma, però se c’è Italia-Spagna, tifo per l’Italia. Mi ricordo la finale del 2012, dopo la quale piansi perché l’Italia perse. Mia madre si arrabbiava con me perché voleva che fossi felice per la Spagna! Se l’Italia non c’è, come purtroppo è stato negli ultimi due Mondiali, tifo sicuramente per la Spagna“.
Un incontro con il “Pupone” c’è stato, e ancora oggi quel ricordo lo fa sorridere: “L’ho incontrato una volta, avevo 7 anni, e ho ancora la foto con lui. È stato un momento che non dimenticherò mai“. Roma. Una squadra, una passione che è rimasta viva nel cuore di Vitali, ancora oggi. Nonostante il suo percorso da calciatore professionista, il legame con la sua città e la sua squadra è più forte che mai. “Quando posso, e ovviamente quando ci sono i giorni liberi, cerco sempre di tornare a Roma. Casa mi dà molta pace. Uno dei motivi principali che mi spingono a tornare è sicuramente lo stadio. Perché, si sa, quando un calciatore cresce e arriva a giocare a livelli alti, il tifo per la squadra tende a diminuire un po’. Ma nel mio caso è stato esattamente il contrario. La passione per la Roma è rimasta intatta, è come se non fosse mai cambiata. Non c’è cosa più bella per me che andare allo stadio e tifarla”. Quest’anno, ha avuto più di un’occasione per tornare allo stadio. “Qualche volta, mio cugino mi ha regalato il biglietto quando lui non poteva andare. Un’altra volta, invece, l’ho ricevuto da Pisilli, che ho conosciuto quest’estate in vacanza e con cui siamo praticamente mezzo imparentati“. Vitali sorride ricordando il legame con Pisilli: “Siamo cugini di terzo grado. Le nostre nonne erano cugine, quindi ci siamo incontrati in vacanza e da lì, lui mi ha fatto avere due biglietti per la partita. Sono riuscito anche ad andare ad Empoli a vedere la Roma. Appena posso, vado sempre“.
A conclusione di questa lunga chiacchierata, non poteva mancare un commento culinario, visto il legame indissolubile tra Italia e Spagna, che Vitali porta nel cuore. E le sue idee sono chiare: “Italiano, sarò banale, ma la carbonara mi fa impazzire. È proprio il mio piatto preferito. Per quanto riguarda la Spagna, ci devo pensare un attimo, ma ce ne sono tanti di piatti che mi piacciono. A parte le crocchette che fa mia nonna a casa, quelle non si battono. Però direi anche la semplice tortilla che fanno in Spagna, quella di patate. Quando vai in Spagna, entri in un bar, prendi una birra o una Coca-Cola, e poi una tortilla. È una cosa che non puoi fare in tanti altri posti del mondo. Questo è sicuramente il piatto che mangio di più quando vado in Spagna“. Per quanto riguarda la paella, Vitali è chiaro: “La paella non è tipica della mia zona. In realtà, ci sono tante cose buone lì da noi. La parte di Salamanca, ad esempio, è molto conosciuta per i salumi, il patanegra, tutti i prosciutti. Una vera bontà“. Un bel mix di tradizioni culinarie, che riflette perfettamente il suo legame con entrambe le culture.
Autore: Redazione
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