Questa storia di acqua, restrizioni, fiumi e dighe non è solo una questione climatica, tecnica o scientifica. È una parabola perfetta per descrivere lo stato delle cose in Basilicata: un territorio che avrebbe tutto, davvero tutto ma che riesce a fare autogol con una regolarità inquietante. Il prosciugamento del Camastra non è solo un fatto fisico, ma una perfetta metafora per descrivere lo stato attuale della politica locale e dei soggetti preposti alla governance della risorsa idrica. Qui non si tratta solo di acqua: si tratta di idee, di visione, di capacità di pianificazione. Tutto prosciugato. L'infrastruttura diventa così il monumento involontario alla gestione: imponente all’apparenza ma vuota dentro. Archiviata, dunque, la leggenda dell'oro blu, di fronte a questo disastro liquido che ha colpito circa 140mila sfigati, la politica ha deciso di tirare fuori il coniglio dal cilindro o meglio la brocca dal fiume: attingiamo dal Basento, che non è esattamente la fonte di purezza che sogni quando ti immagini un bicchiere d’acqua fresca dal rubinetto. Ma niente paura. Gli enti pubblici da Arpab ad Acquedotto Lucano e successivamente la Procura di Potenza delegando un soggetto terzo, con grande zelo, hanno assicurato che l’acqua è sicura e potabile. Solo che, a quanto pare, i cittadini non si fidano: preferiscono fare la fila al supermercato per l’acqua in bottiglia. In un’altra epoca e in un altro luogo, questa potrebbe essere la sceneggiatura perfetta per una commedia satirica. In Basilicata, invece, è solo una domenica di festa e anche di spesa al supermercato. In un noto esercizio a Potenza la scena è surreale: c’è chi accatasta casse di acqua con l’aria di un’apocalisse alle porte. "Col Basento ci faccio i pavimenti, mica la pasta", dice una signora sui 50 anni. "Mi sento come in campeggio: bottiglie per lavare, bottiglie per cucinare. Manca solo la tenda in giardino". Commenta una madre con figli al seguito e due carrelli, uno per la spesa e uno per trasportare le confezioni di acqua. "Se devi scegliere tra l'acqua in bottiglia e un fiume che, diciamocelo, non ha mai avuto una buona reputazione al netto delle analisi, la scelta è ovvia", spiega una signora alla cassa. "Non è che non mi fido, è che non mi fido della situazione", aggiunge il marito. In tempi normali, l’acqua dovrebbe essere oltre che un diritto accessibile a tutti h24, semplicemente acqua: per bere, cucinare, lavarsi. In Basilicata, invece, i cittadini hanno creato una gerarchia dell’utilizzo con una nuova categoria di spesa familiare: l'acqua per dissetarsi che si somma “all’acqua per cucinare”, solitamente naturale, più economica e in bottiglie da 2 litri che è ormai diventata un ingrediente base in cucina. Bollire gli spaghetti o lessare le patate con quella del rubinetto è considerato un atto di coraggio degno di un reality show. Per non parlare del caffè: un gesto così quotidiano, eppure così rivelatore. La moka, simbolo sacro della casa italiana, non si riempie più al rubinetto. Si apre una bottiglia. Fare la spesa nel Potentino è ormai una scena da esodo biblico. Le confezioni di acqua dominano i carrelli. C'è chi calcola il numero approssimativo di bottiglie necessarie per i giorni a venire, improvvisandosi esperto di logistica. Le istituzioni hanno perso la partita e il risultato è un divario enorme tra ciò che viene detto sui social e nei roboanti comunicati stampa e ciò che la gente fa. Perché, alla fine, l'acqua è potabile - lo ha ribadito la Procura - ma il messaggio più chiaro arriva dai supermercati: quando manca la fiducia a pagarne il prezzo non è solo la politica ma ogni singolo cittadino, pentola dopo pentola, bottiglia dopo bottiglia, euro dopo euro.

Sezione: La Voce della Basilicata / Data: Dom 08 dicembre 2024 alle 20:29 / Fonte: www.ilmattinoquotidiano.it
Autore: Redazione
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