L'emergenza idrica in Basilicata, ormai monitorata e raccontata da molte testate italiane come affaritaliani.it dalla quale vi offriamo un approfondimento a cura di Pietro Cifarelli, purtroppo prosegue e continua ad evolversi, e potrebbe coinvolgere e richiamare l’attenzione su temi più ampi come la salute, l’ambiente e la fiducia nelle istituzioni.
La Procura di Potenza ha avviato un’inchiesta per verificare la gestione della crisi, in particolare sulla scelta di convogliare l’acqua del fiume Basento nella diga Camastra. I Carabinieri e il NAS stanno acquisendo documenti presso le sedi di Acquedotto Lucano, ARPAB e Autorità di Bacino, Arpa Basilicata e Acque del Sud, effettuando anche campionature per analisi chimico-fisiche. L’obiettivo è accertare la regolarità delle operazioni e garantire la sicurezza della popolazione servita da questa rete idrica. Nel frattempo un comitato di genitori si è mobilitato contro l’uso dell’acqua del Basento nelle mense scolastiche, esprimendo timori per la salute dei propri figli. Alcune famiglie, hanno deciso di ritirare i bambini da scuola.Al centro del dibattito c’è la sostenibilità delle soluzioni proposte e l’impatto sociale di una crisi che potrebbe protrarsi, mentre cresce il richiamo alla necessità di trasparenza e interventi strutturali. La controversia sulla gestione pubblica o privatizzata delle risorse idriche riaccende il confronto su diritti fondamentali e strategie per il futuro. Su questi temi cruciali, e sulle possibili vie di uscita, abbiamo intervistato Mimmo Nardozza del Comitato Acqua Pubblica Peppino Di Bello, che analizza cause, eventuali responsabilità e proposte per affrontare una delle emergenze più delicate degli ultimi anni della regione.
Permettete due parole proprio su Peppino Di Bello, cittadino lucano da sempre impegnato attivamente per l’ambiente, la tutela del territorio, la salute dei cittadini. Fu il primo a pagare le conseguenze delle sue battaglie, venne licenziato, poi demansionato dal ruolo di tenente della Polizia Provinciale e dopo 9 anni di battaglie, è stato assolto dalle accuse di rivelazione di segreto d’ufficio e procurato allarme, sollevate per aver denunciato l’inquinamento del Pertusillo. Peppino di Bello ci ha lasciato il 23 novembre scorso a 61 anni, proprio il giorno in cui è stato autorizzato l’utilizzo dell’acqua del Basento e anniversario del terribile terremoto che 40 anni prima distrusse l’Irpinia e la Basilicata. A un giorno dalla sua scomparsa, Peppino di Bello ci ha lasciato la sua visione dell’attuale emergenza idrica lucana, tramite un vocale su Whatsapp, sintetizzata nelle seguenti righe:: “Mi rendo conto che non può essere solo il Presidente, ma tutto l’entourage e soprattutto le costole della Regione Basilicata che avrebbero dovuto avere la percezione ed avvisare di quello che stava succedendo il più alto livello possibile della Regione, quindi il Presidente della Giunta. Prevenzione zero rispetto all'aver fatto prosciugare le acque dell'invaso della Camastra.
Insisto sul fatto che a fronte di una produzione di acqua come Regione Basilicata che supera il 25% di tutto il sud Italia, a fronte del fatto che noi alimentiamo gli usi potabili di quasi 5 milioni di cittadini del Mezzogiorno d'Italia, a fronte del fatto che abbiamo venduto per pochi centesimi a Coca Cola e San Benedetto le sorgenti sia del Vulture-Melfese che del Parco Nazionale del Pollino, io mi chiedo, come diritto proprio di residenza e di cittadinanza: in questa Regione dove i servizi minimi e essenziali sono lumicini, noi non abbiamo più manco dei trasporti degni di questo nome, non esiste un aeroporto, stanno per chiudere tutte e due le reti ferroviarie, sia direzione Salerno che Foggia, un isolamento totale, adesso ci tocca bere l'acqua schifosa del Basento?Questo senza nessuna assemblea pubblica. La Convenzione di Aarhus dice che quando c’è una modifica sulla vita quotidiana delle persone vi è l'obbligo di rendere noto quello che si va a fare preventivamente. Ti fanno piovere dall'alto questa soluzione che nessuno vuole, né la destra, né il centro, né la sinistra, nessuno. Anche quel 50% che è rimasto a casa e non è andato a votare. Questa è una questione di buon senso, la programmazione è stata fatta senza democrazia, questa è una cosa completamente sbagliata. Mi auguro nell'interesse di tutti, perché la salute è nell'interesse collettivo e pubblico così come l'acqua, l'acqua è, e deve rimanere pubblica, che si ritorni indietro nelle scelte, le acque del Basento non possono essere utilizzabili per gli usi potabili. Il Tora attraversa la zona industriale di Tito, che è sito di interesse nazionale da bonificare, la Daramic, le cui indagini si sono chiuse nel 2023, ha scaricato nei pozzi, trielina ed altre sostanze cancerogene che attraverso la falda sono finite al Tora e dal Tora al Basento. Poi c'è l'ex Liquichimica con le vasche di gessi che contengono radionuclidi, sostanze radioattive e poi quel tratto di fiume Basento attraverso la SiderPotenza, oggi ha il disoleatore e ha varie forme di protezione, ma prima non aveva niente e trattando rottami ferrosi e non minerale puro, tutti gli oli esausti, grassi, acidi, emulsioni finivano in parte sui terreni, sui suoli, sui margini del fiume Basento, in parte inquinavano l'acqua e in altra parte hanno impregnato i terreni. Subito dopo, a Vaglio scalo c'è il depuratore per i reflui fognari urbani e industriali.
Ditemi voi quale tranquillità possibile, perché hanno fatto delle analisi parziali e non complete che andavano a verificare tutti i cancerogeni, così come dice la legge, non Giuseppe Di Bello o questo comitato per l'acqua pubblica, e a difesa della qualità delle acque, lo dice la legge!”
Per capire meglio la questione abbiamo realizzato una lunga intervista con Mimmo Nardozza, che da anni si occupa di tematiche sociali, soprattutto in materia di petrolio nel documentario e nel progetto “Mal D’Agri”, per chiarire la questione e mettere in risalto quelle che è il punto di vista e le richieste dei cittadini.
La crisi idrica in Basilicata è al centro di un sistema complesso che coinvolge diversi attori: dalla gestione della diga Camastra al fiume Basento, da Acquedotto Lucano alle sorgenti locali, fino all’Arpab e alla gestione di Acque del Sud. Qual è il quadro generale della situazione e il ruolo specifico di ciascuno di questi soggetti nella gestione delle risorse idriche e nella risoluzione delle criticità? Tra l’altro, è appena stata data la notizia che è scattata l’indagine conoscitiva, a che punto siamo?
“Siamo al punto più basso nella storia del nostro rapporto con l’acqua, visto che, di acqua, ne abbiamo in abbondanza. Noi, come Comitato spontaneo Acqua Pubblica Peppino Di Bello, siamo mossi dalla preoccupazione e paura per la situazione della diga Camastra, che improvvisamente ha perso tutta l’acqua. Da anni, la Camastra soffre per il suo invasamento, un problema che risale agli anni '90, con il progressivo abbassamento della quota della diga. Negli ultimi 20 anni, si è aggravato il problema dell’interrimento, ma si continua a parlare dei responsabili senza agire. Arpab è stata chiamata a fare delle analisi, ma ha sempre avuto la lacuna di non essere accreditata e di non essere vista come un soggetto di grande fiducia. Ovviamente, essendo Arpab un ente regionale, è facile che dica che va tutto bene. Il vero attore rilevante è Acqua del Sud, che gestisce dieci invasi lucani, mentre il 65% dell’acqua è nelle mani del Ministero. Il 30% andrà a gara per i privati, e solo il 5% sarà diviso tra le Regioni. È paradossale che le Regioni abbiano una quota così piccola in una Spa così importante. Nonostante questo, siamo stati etichettati come qualunquisti dal presidente di Acqua del Sud, l’avvocato Decollanz, già alla guida dell’EIPLI, poi fallita. Eppure, oggi, la notizia è che è scattata un’indagine della magistratura, con i Carabinieri che sono intervenuti in Arpab, Asp e Acquedotto Lucano. Personalmente, ho difeso Acquedotto Lucano in passato, non tanto per la gestione della rete idrica, ma perché, se non ha dove prendere l’acqua da distribuire, che responsabilità ha? Le colpe degli anni passati, forse, ma oggi Acquedotto Lucano si limita a distribuire, non a conservare l’acqua, e questo è un punto fondamentale”.
L'idea di utilizzare l’acqua del fiume Basento come soluzione per contrastare la crisi idrica ha suscitato moltissime perplessità. Quali sono le principali controversie legate a questa scelta? Le analisi dell’acqua, condotte sia dagli enti ufficiali che ne hanno certificato la potabilità sia da organizzazioni come Cova Contro, sembrano aver prodotto risultati discordanti, soprattutto riguardo alla classificazione delle acque (A1, A2, A3). Ci fai chiarezza? Quali sono i dubbi e cosa si chiede?
“Magari potessi chiarire meglio questa questione. Dal 2011 mi occupo del problema petrolio e abbiamo sempre chiesto chiarimenti sull’utilizzo dell’acqua nel settore dell’estrazione fossile, abbiamo sempre chiesto conto sulla classificazione delle acque, senza mai avere risposte chiare. Sentire il governatore della Basilicata Bardi dire che l’acqua del Basento è migliore di quella del Pertusillo mi fa pensare che ci sia un decadimento della qualità, visto che il Pertusillo ha perso la sua classificazione A2 ed è sceso a una categoria inferiore. In un paese civile, l’acqua potabile dovrebbe essere A1, ma siamo arrivati all’A3. La magistratura ha confermato che nel torrente Tora è arrivata la trielina nelle falde, inquinando il Basento e le aree industriali di Tito e Potenza. Da lì arriva al Camastrino. Per fortuna, l’acqua non arriva nella diga della Camastra. Non ho fiducia nel sistema di trattamento dell’acqua, specialmente quando si utilizzano pompe a gasolio che inquinano e sono attive 24 ore su 24. L’emergenza diventa il sistema per bypassare le normative, c’è questa nuova moda, ma l’acqua del Basento sta creando problemi sociali, perché i problemi sanitari ancora non si vedono, ma secondo me l'intervento dell'indagine conoscitiva della magistratura va in quella direzione. Non siamo dei pazzi scatenati, ho fatto la doccia anche io, dobbiamo lavarci. Non sono qui a fare il bastian contrario, sto usando quell’acqua perché mi hanno detto che è buona, ma non la usiamo per cucinare. Però, per quanto tempo possiamo continuare così? Recentemente ho visto quattro cisterne per l’acqua nelle scuole, il che suggerisce che ci sia un piano a lungo termine per rifornire la popolazione, il che non può essere una soluzione temporanea.”
Durante le discussioni in Consiglio regionale, quali sono state le tempistiche previste per le azioni correttive? Sono emersi rischi significativi per la popolazione e il territorio? La Regione ha fornito rassicurazioni concrete o piani dettagliati per affrontare l’emergenza?
“Il presidente Bardi aveva rinunciato a intervenire in consiglio, ma il comitato, insieme all'opposizione, ha insistito affinché fosse presente e facesse una relazione. Successivamente, il Commissario Presidente Bardi è arrivato, presentandosi con una battuta: "sono arrivato perché mi mancavate". Questo infastidisce, uno dei dogmi che ripetono è che, essendo uomini delle istituzioni, l’opposizione dovrebbe fidarsi ciecamente. Ma non funziona così. Se per anni ARPAB non ci ha dato garanzie, perché dovremmo iniziare a fidarci senza riserve? Inoltre, ARPAB è un ente in-house della regione, quindi è un’espressione politica. Fintanto che ARPAB non esprimerà una figura professionale adeguata tramite bando pubblico, a mio avviso, non sarà credibile.”
QUI L'ARTICOLO INTEGRALE con l'intervista completa a Mimmo Nardozza.
Autore: Redazione
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