Per qualcuno il calcio è un lavoro. Invece per altri è una passione. Per Antonio Palo è semplicemente ossigeno. Un bisogno viscerale, una necessità che va oltre il risultato, oltre la categoria, oltre il ruolo.
Dopo la fine dell’avventura al Terracina, l’allenatore lucano è pronto a voltare pagina, ma senza dimenticare. Perché certe tappe, anche se probabilmente dolorose, ti formano e ti segnano per sempre.
“Mi manca un ‘botto’ il campo – confessa – io senza campo non respiro. È il mio ossigeno. Finché c’è passione, c’è vita. E io, in mezzo all’erba, mi sento vivo”. Parole che arrivano dritte, senza filtri. Perché Palo è così: diretto, autentico, capace di mettere sempre il cuore davanti a tutto, anche nelle sconfitte.
La sua esperienza a Terracina è stata intensa, travagliata e mai banale. Un inizio in salita, un girone d’andata che aveva acceso speranze, poi le difficoltà, le incomprensioni e infine l’addio. Un primo addio, poi un ritorno, poi l’addio definitivo. Ma mai, nemmeno per un secondo, un distacco emotivo. “Mi dispiace tantissimo per com’è andata – racconta – perché i ragazzi non meritavano quel finale. Speravo davvero di portare quella barca in porto, in mezzo alla tempesta. Ma non ci siamo riusciti. Le responsabilità? Di tutti: un po’ mie, un po’ della società. Quando non si centra un obiettivo, non esiste un solo colpevole. Il calcio è un gioco collettivo, anche nei fallimenti”.
Ma quello con Terracina, per Palo, non era un rapporto qualunque. “Era diventata casa. Mi ero legato ai tifosi, alle persone, ai ragazzi. Ci tenevo. E vederla finire così, con delusione, con amarezza, fa male. Davvero male”. Il Terracina infatti, dopo le difficoltà discusse, è retrocesso in Eccellenza. Eppure, anche nelle difficoltà, Palo ha saputo trovare valore. “Quella piazza mi ha lasciato tanto. Ogni giocatore mi ha insegnato qualcosa, ogni tifoso mi ha trasmesso amore. E tutto questo me lo porto dietro. È stato un periodo formativo. Non lo dimenticherò mai”.
Nella prima parte di stagione, nonostante una rosa giovane e inesperta, il Terracina aveva mostrato idee, identità, personalità. “Tanti di quei ragazzi non avevano mai visto la Serie D, ma ci siamo fatti valere anche contro squadre più blasonate. Gli addetti ai lavori lo hanno notato. Certo, poi sono arrivati anche gli errori, ma qualcosa di buono l’abbiamo fatto. Ora spero solo in una nuova occasione, perché ho ancora tanto da dare”. Dopo il suo secondo addio, in panchina è salito il suo vice. Una scelta che, secondo Palo, aveva un senso logico. “Conosceva bene i ragazzi, era già dentro lo spogliatoio. Io però ci tengo a dirlo: non ho abbandonato nessuno. Non sono scappato. Semplicemente, non c’erano più le condizioni per andare avanti. C’era tensione, anche all’interno della società. Un punto di non ritorno. Ma preferisco non entrare nei dettagli. Auguro solo il meglio al Terracina, ai tifosi, a quei ragazzi che hanno lottato dal 20 agosto fino all’ultimo secondo”.
Intanto, Palo non è rimasto fermo. Ha continuato a girare, a parlare con direttori sportivi, a guardare partite di Serie D e Serie C. A respirare calcio, anche da bordo campo. “Ho avuto tante chiacchierate con addetti ai lavori. Ora spero che diventino qualcosa di concreto. Ho bisogno del campo. È la mia vita, la mia passione. E non vedo l’ora di rimettermi in gioco, con le mie idee”. ll lavoro con i giovani è uno dei punti fermi del suo percorso. “In questi anni ho sempre trovato ragazzi disposti a dare tutto. Anche quest’anno, nonostante le difficoltà, ho allenato un gruppo meraviglioso. Alcuni di loro oggi sono seguiti anche da club di Serie C. Questo significa che qualcosa di buono è stato fatto. Magari non abbiamo raggiunto il risultato finale, ma vederli crescere, anche a livello caratteriale, è la mia soddisfazione più grande”.
Il suo obiettivo? Chiaro, diretto, ambizioso: “Voglio tornare nei professionisti. Perché lì ci sono arrivato, e l’ho fatto grazie al Picerno, una società che non smetterò mai di ringraziare. In quegli anni ho avuto la fortuna di allenare giocatori importanti, di vivere un playoff vinto e poi, l’anno dopo, la Serie C. È stato lì che ho assaporato da primo allenatore il fascino del professionismo. È stata un’esperienza incredibile, che mi ha fatto crescere tanto. E che oggi vorrei rivivere, con ancora più determinazione”.
Palo non promette scorciatoie, né illusioni. “Pretendo spirito di sacrificio. Niente viene regalato. Né a me, né a loro. Ogni giocatore deve sudarsi ogni cosa. E io stesso voglio migliorare ogni giorno, come chiedo ai miei ragazzi. Solo così si cresce davvero”. La sensazione è che Antonio Palo sia pronto. Non solo a tornare. Ma a farlo con ancora più fame. Con lo sguardo di chi ha conosciuto le difficoltà e non si è arreso. Perché quando il campo è la tua aria, prima o poi, a respirare ci torni.
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