La grandezza di Ayrton Senna va oltre le vittorie ottenute in formula uno. A distanza di tanti anni, tutto il mondo celebra e si commuove davanti alla vita e alle imprese del campione brasiliano, morto a Imola il primo maggio del 1994.
Il primo maggio del 1994 moriva il campione di Formula Uno Ayrton Senna, il pilota forse più amato della storia, diventato un mito ancor prima del tragico incidente alla curva del Tamburello del circuito di Imola con i suoi sorpassi impossibili, le magie sul bagnato, le vittorie, la sua rivalità con Prost. Un campione non solo in pista. Di lui si ricordano la fede in Dio e la profonda umanità, oltre alle speciali doti di guida.
“Quando nel pomeriggio del primo maggio 1994 Ayrton Senna Da Silva si presentò davanti ai cancelli del Paradiso non trovò nessuno all’ingresso. Tutti i santi del Cielo erano andati a vedere la sua corsa in tv”. Come questa ce ne sono mille di storie fantastiche inventate per rappresentare l’unicità del pilota brasiliano. Senna è stato un idolo in vita e una leggenda in morte e senza alcune necessarie spiegazioni è impossibile far capire, a chi non ha vissuto i suoi tempi, chi era e perché è diventato un mito non solo dello sport.
Senna è stato un campione, il pilota più vincente degli anni in cui correva in Formula Uno, è stato un fenomeno dell’automobilismo, ma le vittorie, i numeri, i risultati non bastano a spiegarne il mito. Altri piloti hanno vinto tanto, anche più di lui, addirittura molto di più, e forse altri ancora vinceranno più gran premi, più titoli mondiali e faranno più record, ma nessuno arriverà a Senna. Nemmeno la sua morte in pista è sufficiente a chiarire i contorni della forza immaginifica del campione brasiliano. Altri piloti eccezionali sono morti in pista, in prova e in gara, ma nessuno viene celebrato nel come accade a lui.
Senna, il mito.
Partiamo dalle doti tecniche che lo hanno innalzato a imperatore della Formula Uno. Ayrton Senna guidava la macchina come nessun altro aveva fatto prima ed era in grado di fare. In condizioni estreme, proibitive per gli altri, lui si esaltava, sotto la pioggia battente o il diluvio universale lui vinceva sempre. Spesso riusciva a vincere anche con una macchina inferiore nelle prestazioni e nella messa a punto. La sua tecnica di guida era speciale e unica. I duelli con i più forti piloti del suo tempo li vinceva quasi sempre lui, e a quel tempo correvano i più grandi.
Tra la fine degli anni ’80 e ’90 correvano in formula uno Nigel Mansell, Nelson Piquet, Alain Prost. Senna vinceva quando i piloti contavano almeno quanto le macchine, oggi che contano soprattutto le macchine le cose sono molto diverse. Per questa ragione, se resta vero il fatto che non si possono paragonare epoche diverse, Senna sembra essere favorito a rimanere il più forte di sempre, perché vincente in condizioni e tempi più difficili e precari.
Ma ci sono due cose in particolare che attestano la superiorità di Senna. La prima è la sua fede in Dio, che gli dava energia per fare cose considerate impossibili (Ezio Zermiani ha raccontato l’episodio inquietante di un ragazzo italiano, tifosissimo di Senna, finito in coma all’ospedale, ma che dopo aver ascoltato un messaggio audio che il campione fece registrare proprio per quel ragazzo, miracolosamente uscì dal coma).
“Nulla mi potrà separare dall’amore di Dio” c’è scritto sulla tomba del pilota brasiliano. E questo rappresenta un fatto unico nella leggerezza e superficialità della Formula Uno, con i suoi eccessi, le ricchezze e le banalità di molti piloti.
La seconda cosa assoluta è una data, quella della Pasqua del 1993. L’11 aprile di quell’anno il mondiale di Formula Uno era segnato dalla portentosa supremazia della Williams affidata alle sapienti cure di Alain Prost, destinato a vincere il suo quarto titolo mondiale, come avvenne. La differenza tra la macchina di Prost e quella di Senna non era nemmeno quantificabile. Ma nel gran premio d’Europa, il giorno di Pasqua del 1993, si stabilirono definitivamente le graduatorie dell’automobilismo di tutti i tempi.
Sotto un diluvio di acqua che impediva di vedere a 5 metri di distanza la gara partì lo stesso. E tutti capirono che la supremazia delle Williams andava a farsi friggere. Le condizioni del tempo annullavano le differenze tecniche e consentivano l’affermazione del talento del pilota. Senna, partito in quinta posizione, sorpassò in poche curve Michael Schumacher su Benetton, Karl Wendlinger sulla Sauber, e le due Willamas di Damon Hill e del battistrada Alain Prost. Alla fine del primo giro passò in testa sul traguardo e andò a vincere il gran premio dopo aver dominato come solo lui sapeva fare. L’impresa è a portata di mano su internet cliccando gran premio d’Europa a Donington 1993.
L’incidente.
L’ultima nota è dedicata al giorno della sua morte. Il campione dei campioni morì alla curva del Tamburello, la più veloce del circuito di Imola, mentre era in testa al gran Premio di San Marino del 1994. La sua carriera, in un modo o nell’altro, non sarebbe potuta finire se non in testa ad una gara.
Nella monoposto, spezzata in due, era rimasto intrappolato il pilota, privo di sensi, ma anche il cuore di molti italiani che sono rimasti con il fiato sospeso durante la corsa in elicottero fino all’Ospedale Maggiore di Bologna. Le lancette dell’orologio avevano appena segnato le 18.40, quando l’annuncio ufficiale della morte del campione spense ogni speranza. “Il cuore di Senna ha smesso di battere”, ma il suo ricordo continua ancora a vivere.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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