L’aria è diversa. Non è solo questione di temperature o di un sole che, piano piano, si fa meno estivo. È qualcosa che si sente nella pancia, un misto di attesa e nostalgia che esplode quando, finalmente, si torna lì: allo stadio.

Dopo settimane di pausa estiva, in cui il calcio è rimasto confinato nei ricordi della scorsa stagione e nelle chiacchiere da bar su mercato e nuovi acquisti, il primo passo verso i tornelli segna l’inizio di una nuova avventura, di un nuovo anno, non è il primo gennaio e’ qualcosa di più. 

Che sia in macchina, in motorino  o a piedi, il tragitto verso lo stadio ha un sapore unico. I colori iniziano a comparire qua e là: sciarpe, maglie, bandiere. Persone sconosciute, ma legate dalla stessa passione, si scambiano sorrisi complici. È come ritrovare una famiglia che non si vedeva da mesi.

Entrare e vedere il prato verde  è come rivedere un vecchio amico: ci si conosce già, eppure l’emozione è sempre unica e nuova. I seggiolini sembrano gli stessi, ma tutto appare più vivo. L’odore della birra, le voci che si intrecciano, i cori che iniziano timidamente per poi crescere come un’onda. 

Quei minuti prima del calcio d’inizio sono pura adrenalina. Gli occhi scorrono tra i nuovi volti in campo e i veterani pronti a guidare la squadra. Il cuore batte un po’ più forte quando lo speaker annuncia le formazioni, e il boato della curva colma ogni vuoto. Si respira profondamente e per 90 minuti non esiste altro. Ne’ preoccupazioni, ne’ tristezza, ne’ pensieri. 

Tornare allo stadio dopo la pausa estiva non è solo guardare una partita: è ritrovare un pezzo di sé. È un rito, una tradizione, un’emozione collettiva che si rinnova ogni anno. Inspiegabile per chi non la conosce. Inspiegabile come l’amore. E mentre si lascia lo stadio a fine partita, già si pensa alla prossima. Perché il calcio, quello vero, vive solo allo stadio.

Sezione: #MondoPotenza / Data: Mer 13 agosto 2025 alle 17:53
Autore: Marco Laguardia
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