Maledetti social. Perché amplificano, trasformano e in alcuni casi distruggono. Soprattutto, omologano personalità che non potranno essere mai simili. Annientano le diversità, per seguire la moda dei meme e delle frasi da condividere.
Chi conosce Rosario Campana nello spogliatoio non si meraviglia dei suoi post, chi invece non ha avuto la fortuna di incontrarlo (e per ciò che sa trasmettere da uomo di fortuna si tratta) può al momento limitarsi a mettere “like”. Il tecnico dell’Herculaneum, che gioca in serie D, pubblica una massima al giorno e ha sempre un messaggio da lanciare.
I suoi post da dove nascono?
“Dalle sofferenze. In base a delle esperienze vissute, a ciò che leggo e che accade in giro in tutti gli aspetti della vita, da quello sentimentale al rapporto tra padre e figli. Ma quando non trovo la sofferenza, non intesa come una cosa brutta ma come sacrificio e voglia di rialzarsi, il mio non diventa un pensiero forte”.
E i suoi figli?
“Ne ho due. Giuseppe, laureato in economia aziendale e Manuela che fa agraria al secondo anno (Rosaria secondo o terzo anno?, chiede poi alla moglie… E su questo il giudizio e la punizione per il suo papà la lasciamo proprio a Manuela).
A Giuseppe cosa non hai mai detto e che vorrebbe far leggere?
“Gli ho detto quasi tutto, i figli sono un dono. Avere la fortuna di avere un figlio è un premio. Un papà li vorrebbe sempre bambini, ma crescono e si confrontano con la vita. Però c’è gioia nel pensare che un figlio è sempre bambino, perché in ogni caso lo vedrai così. Non conosciamo il vero disegno della vita, mio figlio è stato 10 ore in sala operatoria e io ne stavo prendendo una sorta di esaurimento nervoso. Ecco, quella è la sofferenza che mi ispira, lì l’ho capita”.
Però non ha riposto.
“Non gli farei leggere quasi nulla, perché mi sa leggere anche senza leggere”.
Con quale calciatore non farebbe mai fidanzare Manuela?
“Manuela non la farei mai fidanzare proprio, altro che calciatore. La mia è gelosia morbosa, mia figlia è una ragazza intelligente e lo sa. Io sono preoccupato quando lei esce con un ragazzo eccezionale e ricco di principi e di qualità. Ma con nessun calciatore la farei fidanzare. Alla base tutti vorrebbero vivere un grande amore, ma scimmiottano ciò che non è in uno spogliatoio”.
Come si è ritrovato ad Ercolano?
“Grazie al direttore sportivo Marco Mignano, con il quale ho avuto la fortuna di lavorare al Campania. Mi ha sempre cercato, mi ha proposto alla società e il presidente dopo il colloquio disse che lui mi aveva sempre seguito con attenzione. Mi fece piacere”.
Le manca De Micco, il patron del miracolo CTL Campania?
“Più che lui, mi mancano le persone perbene, ma in ogni esperienza le trovo. Anche se non in maniera continua, De Micco mi segue sempre”.
Portare il Campania dalla Seconda categoria alla serie D in un calcio meritocratico le avrebbe dovuto consentire di avere una carriera diversa, non crede?
“Non è che mi aspettavo di vivere di rendita. Mi sono sempre messo in discussione. Io sono un allenatore di costruzione, anzi un giardiniere della panchina, mi piace piantare. Si ramifica, si mettono le radici, c’è sempre da lavorare, una volta finito il palazzo. Oggi è difficile che si trovino delle situazioni che ti diano queste possibilità. La continuità ha portato Carpi, Crotone, Frosinone e Chievo in serie A, mi sarebbe piaciuto avere una carriera con la possibilità di stare tra i professionisti”.
Lei è sempre legato allo spogliatoio, ai calciatori, pur riconoscendo la sua autorità. Ci sono ovviamente storie infinite che potrebbe raccontare, ma ce n’è qualcuna che ricorda con piacere?
“Entrare in simbiosi con i giocatori l’ho sempre fatto e lo faccio tutt’ora. Ci devi entrare nella testa dei ragazzi e se entri nella testa ti devi spogliare nudo sotto l’aspetto metaforico, in modo che tutti si possano fidare di te. Alla fine di ogni rapporto il mio obiettivo non è stato quello di quante partite ho fatto giocare a un atleta, ma di come l’ho fatto sentire. Non c’è stato un calciatore che con me non si sia sentito professionista. Di aneddoti ne ho tantissimi, anche comici, ma rientrano nel privato. In ogni squadra che arrivo consegno la fascia di capitano a tutti, perché il mio obiettivo è che debbano sentirsi tutti capitani. Ad ogni calciatore, poi, in un momento particolare della stagione regalo una fedina come senso di appartenenza alla squadra, come un matrimonio quando si vuole raggiungere un obiettivo. Nel bene e nella cattiva sorte. Se un mese un marito non può pagare le bollette non è che la moglie se ne va. Sono dovuto andare a parlare con le fidanzate dai calciatori e regalare anche a loro le fedine per farle stare tranquille. Con alcuni ragazzi ho dovuto instaurare un rapporto profondo, c’è chi aveva perso un genitore o aveva il cuore in tempesta perché aveva litigato con la fidanzata”.
Ritiene che nei suoi colleghi ci sia poca cultura nell’insegnare calcio?
“In chi insegna c’è ignoranza quando scimmiotta la moda del momento. Fare è diverso da far fare. Ci possono stare calciatori con grande passato calcistico che credono che basti avere quello per insegnare, ma penso che sia solo una componente. Io sono ossessionato, maniacale, oggi si parla della cura dei neuroni a specchio, che secondo me esiste anche nei rapporti. Se tu fai vedere tante partite ai tuoi calciatori di squadre che giocano bene al calcio, chi ha qualità ed è dotato di quella scintilla che gli ha dato Gesù per giocare a calcio, più vede situazioni di gioco e più migliora”.
Quindi fa vedere le partite del Napoli di Sarri?
“Il Napoli è un insegnamento continuo di quello che possa essere la logica del calcio rapportato alla bellezza funzionale. Tutto il bello migliora”.
Lei a Madrid cosa avrebbe fatto?
“Sarri li segue, sa quale poteva essere la situazione migliore. Ha due giocatori a centrocampo Zielinski e Diawara che in serie D sarebbero under, era da mettere in preventivo qualche difficoltà”.
Le avrebbe fatto piacere allenare 30 o 40 anni fa quando tra i dilettanti c’erano soldi e un grande seguito di pubblico?
“Mi avrebbe fatto piacere allenare sempre, non solo 30 e 40 anni fa. Oggi la tv e l’informazione ti distraggono, ma in alcuni paesi il senso di appartenenza resta. Ad Ercolano si vive ancora quella sana provincialità che lega i tifosi, ci sono “Opposta Fazione” e “Brigata Vesuviana” che si ricordano di tutti i calciatori. Sono le distrazioni del grande calcio che non fanno più innamorare la gente dei calciatori dilettanti. Già il fatto che oggi si fa sesso riprendendosi con il telefonico è brutto, l’amore è qualcosa di intenso, personale. Oggi, invece, chi va a letto è come quelli che fanno body building, ma l’amore è per il magro, per la “chiattona”, per quello alto. Diventa tutto bello, quando si fa l’amore, tutti pensano a dare il meglio di loro”.
Quanto legge per tirar fuori sempre delle massime?
“Io leggo tantissimo, da Cip e Ciop a tutto il resto. Quando lei finisce di scrivere un articolo non è più suo, è mio. Io la leggo sempre (bugiardo Rosario, non scrivevo da 5 mesi e ho voluto riprendere con te, da una persona vera…). Ogni cosa che mi dà piacere la leggo. La filosofia forzata non mi piace. Anzi mi piacere ascoltare la filosofia di strada”.
Ha un personaggio storico nel quale si riconosce?
“Ce ne sono, ma ho paura di dirlo, perché la storia la scrive chi vince, non vorrei fosse stata costruita. Mi piacciono “Che” Guevara e Napoleone, pure Giulio Cesare ma c’è qualcosa che di lui non condivido. Persone intelligenti che hanno cambiato il mondo ne contiamo una decina, tutti vengono da altre idee. Michelangelo è uno che ha portato un’innovazione dal nulla, altri sono partiti da una base. Chi ha “arruvutato” è Gesù Cristo, del quale si parla ancora da duemila anni indipendentemente dalla fede. Tra duemila anni non si parlerà più di Steve Jobs, perché ci saranno forme di comunicazione differenti”.
Ha mai rotto qualcosa nello spogliatoio?
“Io mi incazzo tantissimo nello spogliatoio, ma non ho mai rotto nulla. Di arrabbiature positive quante ne volete, ho preteso che rompessimo tutti lo spogliatoio perché dal lunedì lo dovevamo ricostruire più bello di prima”.
Rosario Campana, insomma, è uno a cui chiedere l’amicizia. Nella vita, non solo su Facebook.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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