Continuità, con un'ulteriore apertura per una Chiesa "di tutti" come voleva Francesco, o un passo indietro? Sta qui la scelta che devono compiere i cardinali e che si tradurrà in un nome, quello del nuovo papa. Il conclave inizia ufficialmente oggi, 7 maggio. In serata la prima votazione e la prima fumata - nera per un nulla di fatto e bianca se eletto il nuovo papa - ma è assai difficile che si trovi subito l'accordo. Da domani le votazioni diventano quattro: due al mattino e altrettante nel pomeriggio.
Come in tutte le elezioni contano i numeri e gli schieramenti. Sono 133 gli elettori, 89 i voti necessari. E in queste ore si definiscono le alleanze. Chi sono i favoriti? Secondo i più esperti ci sono possibilità di avere un papa italiano, ma salgono le quotazioni anche di un cardinale filippino e di un "outsider".
In conclave siedono 133 cardinali elettori e provengono da 71 Paesi dei cinque continenti, l'Italia ne ha 19. Nel toto papa tra i candidati forti ci sono alcuni italiani.
Il primo è Pietro Parolin, da molti osservatori visto come l'uomo capace di tenere unita la Chiesa. Origini vicentine, è stato nominato da Francesco segretario di Stato Vaticano. Un ruolo diplomatico molto importante, che gli è stato assegnato per le sue esperienze in giro per il mondo. Parolin potrebbe essere un modo per assecondare l'ala più conservatrice senza rinunciare a una figura benvoluta dallo stesso Bergoglio e dalla corrente più progressista. Negli ultimi giorni è stato al centro di insinuazioni sulla sua salute, ma la notizia di un malore è stata smentita dalla Santa Sede. Per alcuni è stata una mossa dei suoi detrattori per farlo apparire "fragile" e quindi allontanarlo dall'elezione.
Altro italiano "di peso" è Pierbattista Pizzaballa, 60 anni, dal 2023 patriarca di Gerusalemme. È stato nominato cardinale proprio da papa Francesco. Il suo ordine di appartenenza è quello dei francescani, il che nella prospettiva di una possibile elezione al soglio pontificio potrebbe dare un'ideale di continuità con lo spirito di povertà e umiltà incarnato da Bergoglio.
Poi c'è il romano Matteo Maria Zuppi, 69 anni. È l'attuale presidente della Conferenza episcopale italiana. Papa Francesco si fidava di Zuppi, tanto da affidargli il compito di trovare vie di pace in Ucraina, lavorando anche al ritorno dei bambini ucraini dalla Russia e allo scambio dei prigionieri e delle salme delle vittime. Viene considerato il cardinale più vicino a Bergoglio per la sua attenzione verso gli svantaggiati e i migranti. Un'arma a doppio taglio. Potrebbe essere escluso perché "troppo progressista".
Dei tre però, al momento, quello più quotato resta Parolin che partirebbe già con un "tesoretto" di circa 50 voti.
Il successore di Francesco potrebbe essere il cardinale filippino Luis Antonio Tagle. È un fermo sostenitore di una Curia riformata. Tagle ha pubblicamente elogiato il lavoro di Bergoglio per la riforma e ha sostenuto l'idea di una Chiesa che non sia solo una struttura di potere, ma che risponda davvero ai bisogni spirituali dei suoi fedeli. Tagle ritiene che la Curia debba essere più dinamica e capace di rispondere alle sfide moderne, promuovendo una Chiesa che sia più vicina ai poveri e ai marginalizzati.
C'è un altro personaggio che in questi anni è stato vicino a Francesco e il suo nome ha ripreso vigore nelle ultime ore. È il cardinale maltese Mario Grech, 68 anni, vescovo emerito di Gozo. Dopo l'ordinazione sacerdotale, ha studiato a Roma. Inizialmente allineato con Ratzinger sull'omosessualità, negli anni è tornato indietro sulle proprie posizioni virando su una maggiore apertura per questo potrebbe attrarre su di sé sia i più conservatori sia i progressisti.
Nelle ultime ore pare che salgano le possibilità per Jean-Marc Aveline, il cardinale di Marsiglia. Nato in Algeria, ha 67 anni. Anche lui deve il titolo di cardinale a Francesco. Forte sostenitore del dialogo fra le religioni e attento alle tematiche dell'immigrazione ha una visione pastorale nel segno di Francesco, di cui potrebbe proseguire il percorso di attenzione alle periferie.
Oltre ai sei "big", le retrovie sono affollate. Sale un uomo di curia, Robert Francis Prevost, che in questi anni si è occupato del delicato dicastero dei vescovi. Prevost è noto per la sua vicinanza alla visione pastorale di Papa Francesco, condividendo impegni su temi come l'ambiente, l'inclusione dei poveri e dei migranti, e l'importanza di un episcopato vicino alla gente. Ha sostenuto la modifica della prassi pastorale per consentire ai cattolici divorziati e risposati civilmente di ricevere la Comunione. Tuttavia, le sue posizioni su temi come l'ordinazione delle donne e la benedizione delle unioni omosessuali sono state oggetto di discussione. Alcuni lo considerano un "papabile" di compromesso, con un profilo internazionale che potrebbe unire diverse sensibilità all'interno della Chiesa.
C'è anche chi ripete il nome del cardinale filippino Pablo Virgilio Siongco David. Sotto il regime di Rodrigo Duterte ha ricevuto minacce di morte per il suo impegno a difesa dei diritti umani e delle vittime della guerra alla droga. In più occasioni, David ha raccontato di aver temuto per la propria incolumità, ma ha continuato la sua missione pastorale con determinazione, sostenendo che la Chiesa ha il dovere di proteggere i più vulnerabili. Un aspetto che lo avvicina a papa Francesco che da cardinale di Buenos Aires era finito sotto scorta perché era entrato in conflitto con una banda criminale dedita allo sfruttamento e alla tratta delle ragazze anche minorenni.
E ancora: c'è sempre la suggestione del primo Papa africano con in pole position Fridolin Ambongo. Arcivescovo di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, è oggi uno degli uomini di Chiesa più ascoltati del continente, ma anche una figura che divide: fermo difensore della dottrina morale cattolica, promotore della sinodalità, ma critico verso alcune aperture del pontificato di Francesco.
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