Il 22 ottobre 2018 la FederCalcio sceglieva Gabriele Gravina, dirigente esperto, l’uomo giusto per liberare il pallone dall’invasione del Coni di Malagò e da un commissariamento disastroso. Fu eletto col 97% dei voti, grazie a una grande alleanza che prevedeva in teoria il passaggio del testimone al suo vice Cosimo Sibilia nel 2021. Il 2021 è arrivato, ma Gravina oggi è diventato il n.1 del calcio italiano, grazie ad una politica fatta di carota (per gli amici) e bastone (per i nemici), una Procura iperattiva, il fidato avvocato Viglione sempre al suo fianco e tanti contatti nei palazzi che contano. Così domani lunedì 22 febbraio punta a farsi rieleggere per altri quattro anni alla guida della Figc.
Se ce la farà, non sarà soltanto per non aver rispettato un accordo negato, sminuito, forse sopravvalutato da chi si è illuso che potesse valere per davvero, di sicuro sparito visto che la copia cartacea non si sa che fine abbia fatto e il suo “garante”, l’ex presidente Giancarlo Abete, si è ben guardato dal dire una parola. Se Gravina verrà confermato, sarà soprattutto perché ha i voti, perché in questi due anni e mezzo ha lavorato per il calcio italiano, e per la sua rielezione. Con una strategia precisa: ampliare i consensi, emarginare i dissensi. I due ex alleati ormai non si rivolgono praticamente la parola, ma in mezzo ci sono state tante, piccole schermaglie che hanno logorato il rapporto, e il rivale. Come le inchieste sui conti della Lega Dilettanti, o quella sul calcio a 5,condotte dalla Procura federale che si è occupata anche dei vertici della Serie A, Miccichè e De Siervo, e ora ha messo nel mirino Lotito. Ricadute giudiziarie fin qui modeste. L’obiettivo è stato comunque centrato rispolverando Carlo Tavecchio, tornato alla guida del suo feudo nei dilettanti Lombardia, proprio in chiave anti-Sibilia, che ha visto così la sua base rosicchiata (la Lnd vale il 34% del totale). Anche quei voti saranno decisivi.
I rivali si possono indebolire, isolare, o semplicemente convincere. È un po’ quello che è successo con Marco Tardelli, l’ex campione del mondo che si era candidato alla presidenza dell’AssoCalciatori, in discontinuità rispetto alla gestione Tommasi (di cui un’inchiesta del Fatto ha rivelato stipendi, consulenze e affari). Si diceva che se avesse vinto lui, l’Aic che da sola conta il 20% avrebbe appoggiato Sibilia. Ma poi Tardelli ha cambiato squadra: si è ritirato dalla corsa e ha accettato un incarico in Federazione, per supervisionare il Salaria Sport Village, nuovo centro federale che ancora non esiste. Il sindacato, invece, è passato senza scossoni nelle mani di Umberto Calcagno, “delfino” di Tommasi, e ha confermato l’appoggio a Gravina, negli stessi giorni in cui veniva firmata una scrittura con cui la Figc donava un milione di euro al Fondo solidarietà dei calciatori. Ma a ben vedere la Federazione in questi tempi di crisi ha distribuito finanziamenti a chiunque: 2 milioni a Serie B, C e pure ai Dilettanti, proprio nell’ultimo Comitato di presidenza del 22 gennaio. Con tutti questi soldi in piena campagna elettorale il consenso viene da sé.
Gravina è passato all’incasso, potendo rivendicare anche alcuni risultati oggettivi, dalla ripartenza del campionato dopo il lockdown ai diversi aiuti dal governo (da ultimo la sospensione delle tasse). Mentre Sibilia aspettava la sua assemblea fra i Dilettanti, occupato a parare le insidie, Gravina raccoglieva i voti. Uno per uno, squadra per squadra, presidente per presidente. Cominciando da quelli su cui già poteva contare e poi bussando alla porta degli altri. In tempi di crisi, chi se la sente di dire no al presidente federale. E infatti non l’ha fatto quasi nessuno, giusto Claudio Lotito che rimbalzerebbe pure il padreterno, e pochi altri. In questo modo Gravina è riuscito nel duplice intento di raccogliere le firme per la sua candidatura e blindare gli alleati nelle varie Leghe (Ghirelli in C, Balata in B, lo stesso Dal Pino in Serie A). Perfetta operazione politica che ha garantito al n.1 uscente un consenso largo, dalle componenti tecniche (calciatori e allenatori) alla gran parte dei club professionisti; si è perso per strada solo gli arbitri, dove Trentalange ha detronizzato Nicchi.
Questa maggioranza gli permetterà di presentarsi relativamente tranquillo lunedì. Mai fidarsi troppo delle urne, ma è soprattutto il futuro che preoccupa Gravina. Sulla rielezione pesano diversi ricorsi (in particolare sui Comitati Regionali dei Dilettanti, ma anche sul voto online della Serie B), che potrebbero procurargli qualche grattacapo, specie se il risultato dovesse essere meno netto di quanto si augura. C’è lo spauracchio della legge sul limite dei mandati (la cui interpretazione non è mai stata chiarita) e quello di un consiglio federale azzoppato, nonostante l’apparente consenso delle varie componenti, sotto l’occhio sempre vigile e mai disinteressato del Coni.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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