Lambrusco, tigelle e pallone. Basta poco per essere felici. Ma se dai uno sguardo al passato, capisci che non tutto è andato come doveva. Strana la vita: ti fa assaggiare la Serie A e subito dopo te la strappa via per sempre. C’è un filo di malinconia nelle parole di Giuseppe Cozzolino, lo stesso filo che oggi tiene appeso un calciatore al mondo del professionismo. Forse nel calcio vero, quello dei campioni, Cozzolino avrebbe potuto restarci più a lungo: “Bisogna essere dei calciatori dentro e fuori dal campo” racconta l’attaccante a GianlucaDiMarzio.com: “io le qualità tecniche le avevo… ma la testa, quella mi mancava!”
Una storia di rimpianti e di sogni svaniti, ma anche di scelte di cuore; di quelle che ti fanno venire i brividi al solo pensiero. C’era una volta il Lecce di Vucinic e Zeman, c’era una volta il Lecce dell’unico napoletano che aveva come idolo Marco Van Basten. Dal paradiso ai dilettanti passando per il purgatorio della Serie C, Giuseppe Cozzolino nasce e cresce a San Gennaro Vesuviano, ma se ne va di casa quando ancora è un bambino. È piccolo di statura ma è un predestinato, dicono. Perché non si esordisce tra i professionisti a 16 anni se non si hanno certi numeri. Progressione da far paura e tecnica raffinata. Se ne accorgono tutti, e Corvino gli regala l’occasione della vita: “Il primo a credere in me è stato Pasquale Simeone che mi ha portato a Giulianova. Poi nell’estate del 2005 sembrava fatta per il mio passaggio all’Udinese, ma la chiamata del direttore mi convinse, e decisi di andare a Lecce. Dopo aver firmato il contratto non ho dormito per dieci giorni dall’eccitazione: la città, il maestro Zeman, la Serie A… A proposito, sapete che significa giocare la Serie A? Avevo diciannove anni e la mia vita fu stravolta…” Immagini che passano veloci, fotografie di un momento che rimane stampato nella mente, il tono della voce cambia, Giuseppe sospira: “Quellarete contro il Siena è stata sicuramente l’emozione più bella della mia carriera. Ricordo che il mercoledì precedente alla gara fui convocato in Under 21 insieme a Mirante, all’epoca portiere proprio del Siena. Scherzando gli dissi “Antò, il primo goal in A lo faccio proprio a te!”.” Andò così, ma non fu una rete banale: controllo volante sulla linea di centrocampo e allungo verso l’area di rigore. Cozzolino fa fuori tutti, anche il portiere bianconero, ed infuoca il Via del Mare: “Se guardate il video su youtube, si vedono le esultanze di Camorani e Sicignano, che fece 70 metri dalla sua porta per venirmi ad abbracciare… l’affetto dei miei compagni nel post partita è senza dubbio ciò che oggi mi porto dentro.”
In Salento Cozzolino non sfonda col “Boemo”, ma conquista Silvio Baldini (l’allenatore che ha scommesso su di lui) e la Nazionale under 20, con la quale gioca una Coppa del mondo al fianco di Pellè: “Disputai diverse partite con Graziano perché secondo il tecnico Berrettini eravamo compatibili. In quella squadra ricordo con piacere Marzorati, Nocerino, Galloppa, Viviano, Coda… perdemmo ai quarti di finale contro il Marocco, ma fu tutto bellissimo! Vestire la maglia azzurra in una competizione dove giocava anche Leo Messi è stata una vera soddisfazione.” Dal giallorosso al gialloblu, la seconda ed ultima esperienza in Serie A è nel Chievo di Del Neri: “In quella stagione non giocai tanto per via di un infortunio. La mia vita fuori dal campo non fu impeccabile. Collezionai 5 presenze, consapevole che sarei sceso di categoria; ma che errore è stato andare in Serie C! La verità? Mi sono fatto prendere dal progetto di una società ambiziosa come la Cremonese, con un tecnico navigato come Mondonico. È andata malissimo. L’allenatore non mi vedeva e perdemmo pure la finale playoff contro il Cittadella. Col senno di poi sarei dovuto rimanere in Serie B. Andare giù di categoria è facile, salire, invece, è quasi impossibile!”
Papà disoccupato, mamma casalinga e due fratelli piccoli, Beppe poteva tornarci, in alto: “Ho rifiutato proposte dalla B e dal CSKA Sofia, e ho scelto di rimanere nella terza divisione italiana; avevo mercato e le società erano disposte a sacrifici importanti pur di prendermi, così la mia famiglia poteva restare serena, almeno dal punto di vista economico…” Una parentesi a Potenza prima del super campionato col Como: “13 reti e secondo posto nella classifica cannonieri del girone (dietro solo a Paulinho). Lo sapete che ho segnato il mio gol più bello nel derby col Lecco? Una girata al volo che ha fatto esplodere il settore ospiti. Il primo anno ci salvammo, il secondo me ne dovetti andare da capitano per problemi societari. Prima Andria Bat, poi Pro Patria dove ho vinto il campionato Lega Pro Seconda Divisione ed infine Spal. Ho sempre segnato, ma la possibilità di tornare in alto non ce l’ho mai più avuta.”
Riparte dalla sua famiglia e da Castelvetro, un comune di diecimila anime in provincia di Modena. “Scelte di vita”, le chiamano. Decisioni che ti spingono a mollare il calcio professionistico per il mondo dei dilettanti: “Riforma dei giovani, rose ristrette, e squadre che non sono disposte ad investire su giocatori esperti mi hanno fatto scegliere Delta Porto Tolle ed Altovicentino l’anno scorso (23 gol stagionali), e Castelvetro quest’anno. A Modena si vive bene e si mangia meglio, ma devo stare attento a non esagerare perché sono una buona forchetta… (ride ndr)” Sono passati 10 anni esatti da quella gioia contro il Siena ma il pensiero non cambia: “Ci sarei potuto stare di più… in Serie A. Tutto quello che non sono riuscito a fare, è solo per demerito mio. D’accordo, oggi sono meno veloce e più robusto, ma ho acquisito esperienza, calma in campo, e soprattutto professionalità. Credo che la nascita della mia bimba mi abbia regalato l’equilibrio che prima mi mancava nella vita. Oggi segno gol nei dilettanti e non nei grandi stadi, però sono felice, anzi, terribilmente felice.”
Autore: Manuel Scalese
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